Salute

L’obesità è una delle patologie più diffuse

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L’obesità è una delle patologie più diffuse, al punto da essere considerata quasi un’epidemia tra i paesi industrializzati e in quelli in fase di evoluzione tecnologica. I tassi di incidenza sono infatti in rapida crescita e raggiungono anche il 60% della popolazione adulta in alcuni paesi industrializzati. È riconosciuta come una malattia ad andamento cronico ed invalidante, ed uno dei maggiori fattori determinanti in molte malattie non trasmissibili quali il diabete e le malattie cardiovascolari, nonché disturbi endocrino-metabolici, respiratori, gastrointestinali, muscolo-scheletrici, neoplasie. Viene considerata la seconda causa di morte “evitabile” dopo il fumo di sigaretta.
I più recenti dati diffusi dal Ministro della Salute sull’incidenza in età pediatrica sono allarmanti: nel nostro Paese, più di 1 milione di bambini è in sovrappeso o obeso; questo significa che oltre un bambino su 3, di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, ha un peso superiore a quello che dovrebbe avere per la sua età. Questo fenomeno è fonte di preoccupazione per tre principali motivi:
1. L’obesità tende a persistere in età adulta. Un bambino obeso sarà un adulto obeso. Quanto più precocemente si presenta il sovrappeso e quanto più rapidamente un bambino acquista peso, tanto più facilmente sarà obeso anche da adulto. Si calcola che nel 75% dei casi l’obesità presente nei primi dieci anni di vita si traduce in obesità nell’individuo adulto.
2. L’obesità si associa a morbilità anche durante l’età evolutiva: ipertensione, iperinsulinemia ed intolleranza al glucosio, dislipidemia, steatosi epatica e diabete non sono esclusive dell’obeso adulto, ma possono iniziare anche nel bambino e soprattutto nell’adolescente obeso. Anomalie mestruali, menarca anticipati e policistosi ovarica, rappresentano risposte endocrine all’eccesso di peso nelle ragazze, mentre i ragazzi in sovrappeso od obesi tendono a svilupparsi più tardi rispetto ai coetanei con un normale rapporto peso/altezza.
3. Le complicanze psicosociali legate all’obesità. È stato dimostrato in maniera chiara come il bambino obeso sia sottoposto a emarginazione soprattutto dai coetanei, abbia una scarsa autostima, una distorsione della percezione della propria immagine corporea, un elevato rischio di depressione.
Sensibilizzato dell’incidenza di questo fenomeno l’Ospedale Buccheri La Ferla-Fatebefratelli ha attivato dal 2008, presso la propria struttura un ambulatorio di “Nutrizione Clinica Pediatrica”, al fine di realizzare, in sinergia con i Pediatri di Libera Scelta, un intervento mirato sul territorio atto contenere il dilagare dell’obesità nel bambino, prevenire la sua insorgenza e trattare l’obesità stessa e le sue complicanze così come indicato dal SSN, e come raccomandato dall’OMS.
L’età pediatrica e l’adolescenza sono infatti i periodi critici in cui si stabilisce “il potenziale di obesità di un individuo”, dato dal numero di adipociti. Nella fase adolescenziale infatti, il numero delle cellule adipose aumenta significativamente, per poi rimanere all’incirca invariato per il resto della vita; aumentano quando si ingrassa e diminuiscono con il dimagrimento. Non esiste alcuna differenza tra sovrappeso ed obesità; sono infatti le due misure dello stesso fenomeno, ossia l’accumulo di energia inutilizzata sotto forma di grasso. Chi “sfora” il proprio peso ideale fino al 10% viene definito “in sovrappeso”, al di sopra di questo limite viene definito più propriamente “obeso”.
Solo nel 5% dei casi pediatrici si parla di obesità secondaria a cause organiche ben identificabili (endocrina, genetico-malformativa, iatrogena, neurologica, neoplastica); nel 95% dei casi ci si trova di fronte ad un’ primitiva o essenziale.
Gli studi dei bambini in soprappeso indicano che questi non mangiano quantità enormi di cibo, bensì seguono però regimi alimentari troppo ricchi in proteine (in particolare di derivazione animale) e in grassi; poveri in carboidrati complessi ed in fibre (frutta, verdure e legumi), e soprattutto con ritmi di alimentazione incongrui. Colazione spesso assente (l’11% dei bambini non fa la fa e il 28% la fa in maniera non adeguata), spuntini o merende molto ricche (l’82% fa una merenda a scuola qualitativamente non corretta), mancato consumo di frutta e verdura (solo il 2% dei bambini ne mangia più di 4 porzioni al giorno), utilizzo abituale di bevande zuccherate (il 41% dei bambini beve ogni giorno, il 17% più di una volta al giorno). E non in ultimo solo 1 bambino su 10 ha un livello di attività fisica raccomandato per la sua età, mentre 1 su 2 trascorre più di due ore al giorno davanti al televisore o a videogiochi e ha un televisore in camera.
Nel Nostro ambulatorio non ci piace parlare di “dieta” nel bambino ma di “educazione alimentare” o meglio “comportamentale”, applicabile a qualunque età, mirato ad un cambiamento dello stile di vita. Se l’obesità è il prodotto di familiarità, abitudini alimentari incongrue e scarso movimento, appare evidente che il problema non è iniziare precocemente una dieta ipocalorica, ma aiutare il bambino a modificare il proprio stile di vita. Avere quindi tutta la famiglia che tenta qualche esperienza di cambiamento, diviene uno stimolo positivo per il bambino che sperimenta così percorsi nuovi. L’approccio ritenuto più corretto è allora rappresentato dallo stimolo al movimento associato ad una corretta alimentazione. Può essere sicuramente di aiuto uno schema dietetico, ma con la dovuta cautela. Un errato percorso di cambiamento alimentare può essere controproducente nel bambino, ma ancor più nell’adolescente, non adeguatamente supportato da uno specialista dell’età evolutiva, in cui una dieta, sbilanciata ed incongrua, potrebbe favorire lo svilupparsi di disturbi del comportamento alimentare. Il calo ponderale deve risultare lento ma progressivo e la “dieta” deve essere ipocalorica bilanciata in termini di macronutrienti (proteine, carboidrati, lipidi) e contenere in quantità adeguata minerali e vitamine. La nostra linea di condotta, supportata dalla più recente letteratura scientifica, sconsiglia invece l’uso di una farmacoterapia nel piccolo paziente obeso; così come le indicazioni ad escludere alcuni alimenti a cui il soggetto sarebbe intollerante, non trovano alcuna indicazione, né i test che vengono usati per documentare tali supposte intolleranze hanno validità scientifica.

Di Gianpiero Seroni Direttore Sanitario

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