Cultura

“Il racconto dei racconti” Il fantasy secondo Matteo Garrone (FOTO)

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A tre anni dal Grand Prix Speciale della Giuria per Reality e a sette dallo stesso riconoscimento ottenuto per Gomorra, torna in concorso al Festival di Cannes 2015 Matteo Garrone con Il racconto dei racconti – Tale of tales, film che segna una svolta nella carriera del regista romano (il primo girato in lingua inglese e con attori internazionali).
A partire dalle dichiarazioni di Garrone si evidenzia uno scarto rispetto al passato, seppur all’interno di un preciso disegno d’autore: “Per i miei film precedenti sono partito da fatti reali, e li ho trasfigurati fino ai confini di una dimensione quasi fantastica. In questo caso, invece, abbiamo compiuto il percorso inverso: abbiamo preso spunto da situazioni fiabesche per poi ricondurle su un piano realistico e concreto”. Insomma da Reality al fantasy, dal grottesco dell’attualità al realismo del fantastico il passo è breve.

Anche stavolta l’ispirazione è di derivazione letteraria ma, a differenza del romanzo di Saviano, quasi misconosciuta. Il letterato barocco Giambattista Basile (1575-1632) e la sua raccolta di fiabe in napoletano secentesco pubblicata postuma fra il 1634 e il 1636, Lo cunti de li cunti, sono il punto di partenza per lanciare una sfida al cinema tutto, ai generi e agli spettatori. Trasponendo sul grande schermo solo tre dei 50 racconti che compongono l’opera originale (nota anche con il titolo di Pentamerone, il cui immaginario ha nutrito le penne di scrittori come i fratelli Grimm, Perrault o Hans Christian Andersen) Garrone ha realizzato un film sospeso nel tempo e nello spazio, che tenta costantemente (e forzatamente) di andare oltre gli schemi narrativi e produttivi odierni.

Le tre storie (La regina, La pulce, Le due vecchie) che vedono protagonisti re e regine, draghi marini e mostri alati, principi e principesse, orchi e negromanti, si alternano banalmente in maniera episodica e sono messe in scena con immagini dalla forte impronta pittorica che avvinghiano gli occhi ma faticano a scaldare il cuore. Se le corrispondenze non mancano (i doppi, le gelosie, gli amori sfalsati, le solitudini) non sono però assecondate dal montaggio e da un’architettura drammaturgica troppo spoglia. E così anche il pregevole contrappunto sonoro del premio Oscar Alexandre Desplat nel tentativo di riempire i vuoti, finisce per essere onnipresente e stancante.

Sfugge il senso ultimo di questo esperimento coraggioso e ambizioso ma solo in parte riuscito di allargare le maglie di un genere e di un cinema, quello italiano, chiuso nelle sue convenzioni. Rifuggendo dall’epica e dalla spettacolarità e lasciando ai margini lo stupore per il meraviglioso, ingredienti spesso indispensabili del genere fantasy, Garrone insiste nella sua operazione revisionista privilegiando l’aspetto popolaresco e artigianale delle fiabe. Così alla materialità degli effetti speciali si somma lo straordinario lavoro di ricerca delle location (tra cui il castello di Donnafugata e le Gole dell’Alcantara in Sicilia), che senza l’aiuto di trucchi digitali, riescono a essere credibili e immaginifiche allo stesso tempo.

Di Vincenzo Castronovo

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