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Un viaggio per comprendere

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Dopo quasi un decennio di televisione, Tavarelli torna al grande schermo e si conferma uno dei nomi più interessanti nell’attuale panorama cinematografico nostrano. Non è (soltanto) questione di stile, già dimostrato nei piani-sequenza dell’ormai “antico” Un amore (1999); si tratta piuttosto di una cura particolare per i personaggi, della loro sapiente contestualizzazione, dell’inserimento abbastanza armonioso di elementi (qui numerosi) che, se non adeguatamente organizzati, distrarrebbero dalla vicenda principale. Anzi, quest’ultima è messa progressivamente in subordine, diventando semplice ma mai banale veicolo per dei temi internazionali. Eppure sono tribolazione privata e dramma pubblico a donare, congiunti, un respiro universale al film.
La “storia sbagliata” del titolo – perfetto! – non è solo la chiaramente citata canzone di De Andrè, ma anche quella tra Stefania (Ragonese, che affronta un personaggio comprensibilmente rancoroso e non proprio simpatico o altruista con la giusta sensibilità), pediatra che vive a Gela e non ha mai preso un aereo, e il marito Roberto (Scianna, il cui sorriso “distante” fa ripensare al Saverio da lui recentemente incarnato in Latin lover), militare spesso in Iraq per lunghi incarichi. Ma è perfino la situazione del paese siciliano martoriato dalle malformazioni causate dai veleni del petrolchimico, oppure (similitudine insolita però efficace) la condizione di estrema povertà – con i bambini afflitti da labbro leporino soggetti alle operazioni forzatamente selettive dei dottori stranieri – in cui versa la nazione mediorientale, arretrata per volere di pochi potenti a dispetto delle sue ricchezze petrolifere e costretta in gabbie religiose. Grandi e piccoli parallelismi (vedi la sequenza dell’aggressione alla protagonista senza velo mentre si consuma una tragedia di cui è responsabile) in effetti arricchiscono la trama, di per sé narrata su un doppio binario, tra passato (con la diradata e sempre meno allegra vita di coppia) e presente (il viaggio da medico missionario dalle parti di Nassiriya di Stefania, determinata a trovare risposte a ciò che l’ha colpita). L’aiuto compromissorio che la donna riceve dall’interprete (Mehdi Dehbi, già apprezzato ne Il figlio dell’altra e La spia), corruttibile fino a un certo punto, è il “mezzo di comunicazione” con la platea, il modo per evidenziare, talvolta con malcelata urgenza, dati misconosciuti sull’economia e la società di un luogo così lontano e così vicino (grazie ai continui “ponti” umanitari). E poi c’è l’emozionante finale, con un ulteriore accostamento stavolta olfattivo: il momento più difficile. E forse il migliore.
Una storia sbagliata (Italia, 2015) di Gianluca Maria Tavarelli con Isabella Ragonese, Francesco Scianna, Mehdi Dehbi, Stefania Orsola Garello, Pietro De Silva
Di Massimo Arciresi

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