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Quando l’orso ringhia

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[dropcap size=big]n[/dropcap]o, non era davvero possibile che Vladimir Putin restasse ancora a lungo alla finestra a guardare la Russia che perdeva terreno. Ex agente del Kgb, uomo d’azione a tutto tondo, Putin ha permeato della sua personalità tutti gli aspetti della politica russa, finendo col diventare l’eminenza grigia dietro tutte le strategie intraprese.

Dopo aver minacciato le repubbliche vicine, galassie in fuga dalla gigantesca costellazione ex sovietica, dopo aver intrapreso una nuova guerra di Crimea ed aver posto una spada di Damocle sulla testa dell’Ucraina, Putin (o la Russia si vi piace di più) hanno deciso di colpire l’Occidente dove fa più male: nel portafoglio.  Ecco allora che il gigantesco progetto del gasdotto Gulfstream, destinato ad inondare l’Europa baipassando l’Ucraina, improvvisamente viene messo nel cassetto. Suicidio economico? Nient’affatto. Putin ha nel cassetto gli accordi per le forniture di gas alla Cina, eternamente affamata di energia per sostenere ritmi di crescita degli dei gloriosi anni ’70.

Polemico, puntiglioso, vagamente mefistofelico. Putin non manca un’occasione ufficiale per far capire che la Russia è, oggi più che mai, gelosissima del suo destino e del suo futuro. In ogni settore. E poco importa, o, almeno, poco sembrerebbe importare che gli effetti concentrici dell’embargo e della crisi economia stiano facendo sentire agli oligarchi Russi il freddo della povertà. I magnati, arricchitisi in maniera dirompente all’indomani dello sfacelo sovietico, oggi sbattono contro problemi che avevano disimparato a conoscere. Troppo presto abituatisi ai fasti di un Occidente Bengodi, oggi i ricchi petrolieri russi, gli industriali, tutti gli artefici della rinascita dalle ceneri del comunismo sovietico devono confrontarsi con la carenza di materie prime e con la madre di tutte le carenze: quella di denaro. Gli euro freschi che, in flusso ininterrotto correvano verso le nuove realtà imprenditoriali dell’est europeo, sono diventati un rivolo stentato che non basta più ad alimentare la macchina dello sviluppo.

Se Putin volge lo sguardo all’altro suo vicino di casa, oltre il gelido stretto di Bering, vede una altrettanto gelida atmosfera dalle parti della Casa Bianca. Obama è andato a ripescare dagli annali della Guerra Fredda atteggiamenti e linguaggio e quella che si era inaugurata come un’amicizia destinata a sfociare in un luminoso futuro è diventata l’acrimonia di due separati in casa, solo che la casa, purtroppo, coincide con il mondo intero.

L’unico settore in cui Russia e Usa conservano ancora una parvenza di comunità di intenti è quello aerospaziale. A Baikonur, da dove partono le Soyuz destinate alla stazione spaziale (da dove è partita la nostra signora delle stelle, Samanta Cristoforetti) si vive ancora come in tempi ante crisi. Chissà che questo estremo lembo di razionalità e pacifica convivenza non sia foriero di buone notizie. Del resto non sarebbe la prima volta, nella storia del mondo, che le buone notizie piovano dal cielo .

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