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Bollette non pagate: l’Italia finirà come la Grecia?


Che la decisione del premier greco Alexis Tsipras avrebbe avuto conseguenze rilevanti sulla vita dei greci era chiaro a tutti. O, almeno, a quanti avevano previsto che, dovendo ripagare (e con interessi salati) l’indebitamento, tasse e imposte sarebbero aumentate.
E così è stato. Gli effetti si sono manifestati nel giro di pochi mesi, in modo rapido e doloroso: i greci, che fino ad ora avevano cercato di limitare le proprie spese ai beni primari e all’indispensabile, ora non sono più in grado di pagare neanche quelli. A lanciare l’allarme è stata l’Azienda Elettrica Pubblica greca. Il numero delle bollette non pagate dai clienti è lievitato fino a raggiungere la cifra spaventosa di 2,5 miliardi di euro. Sono oltre due milioni (su una popolazione di 11 milioni di abitanti) i greci che rischiano il blackout, ovvero che la società tagli loro la fornitura dell’energia elettrica. E questo, con l’inverno ormai alle porte, potrebbe avere conseguenze disastrose.
Secondo quanto riferito da KeepTalkingGreece, sono molti i greci che non hanno più i soldi per pagare la bolletta semplicemente perché il totale richiesto è quasi raddoppiato a causa delle tasse supplementari che sono state aggiunte (su emissioni, imposte “ecologiche”, tasse comunali, canone della televisione pubblica, ecc.). Famiglie, ma anche attività commerciali (solo i debiti delle attività commerciali ammonterebbero a 1,8 miliardi di euro), artigiani, e piccole e medie imprese.
I problemi sono iniziati alcuni anni fa. Gli analisti fanno coincidere l’aumento dei debiti delle famiglie e delle imprese con la decisione di incorporare nelle bollette elettriche la Tassa Speciale sulla Proprietà, nel 2011. Da allora le bollette della luce sono cresciute sempre di più e sempre più velocemente. E contemporaneamente è aumentato il numero di clienti debitori. Semplicemente i consumatori non riuscivano a pagare bollette più che raddoppiate.
La stessa cosa potrebbe verificarsi anche in Italia (del resto l’idea di aggiungere il pagamento di nuove accise e del canone della televisione, non è certo un’invenzione del “nuovo che avanza”). Nel 2014, secondo l’Istat, il 12 per cento dei nuclei familiari italiani era in arretrato con il pagamento delle utenze domestiche. Sono circa 3 milioni le famiglie (l’11,7% del totale) “in difficoltà” con il pagamento delle spese domestiche o delle rate del mutuo o dell’affitto incluse le bollette.
Dati che il Parlamento conosce bene: l’Istat ha consegnato la documentazione in occasione delle audizioni sulla legge di Stabilità, di cui le spese per la casa rappresentano uno dei punti chiave. Le cause di questa situazione non sono molto diverse da quelle che politiche analoghe hanno prodotto in Grecia. L’Istat non sembra avere dubbi in proposito: “si associa nettamente all’onerosità delle spese stesse e, in particolare, alla loro incidenza sul reddito disponibile”.
Ma non basta. Come sempre a pagare sono i più poveri: le categorie di famiglie maggiormente interessate dal problema sono quelle del quinto quintile, ovvero quelle che appartengono alla fascia di reddito più povero (il 29,2% sono risultate in arretrato con le spese per la casa, pari a 1 milione e 505mila famiglie). Il motivo è semplice: le spese per l’abitazione, a cominciare dalle spese per l’energia elettrica, sono una poche delle voci dei bilanci familiari che non erano state eliminate. Almeno fino ad ora.
Dello stesso avviso la Cgia di Mestre che recentemente ha cercato di stilare un elenco delle tasse che gravano sulle tasche degli italiani: tra addizionali, accise, imposte, sovraimposte, tributi, ritenute e altro ne sono state catalogate un centinaio. Fra queste, a pesare maggiormente (per più della metà del gettito, il 53,1%) sono l’Irpef e l’Iva.
“Nel 2015 – ha detto Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi Cgia – ciascun italiano pagherà mediamente 8mila euro di imposte e tasse, importo che sale a quasi 12 mila euro considerando anche i contributi previdenziali”. Un carico sulle spalle degli italiani che aumenta costantemente: “negli ultimi 20 anni le entrate tributarie pro-capite sono aumentate di 76 punti percentuali, molto di più rispetto all’inflazione che, invece, è salita del 47 per cento” ha detto ancora Zabeo.

Un carico fiscale che non aiuta certo i cittadini a risollevarsi dal periodo di crisi: tanto più che la pressione tributaria (imposte, tasse e tributi sul Pil) esercitata in Italia è la terza più alta tra i paesi dell’area euro (peggio del Bel Paese solo Finlandia e Belgio). Facile dire, ad esempio, che in Germania “si vive meglio”: la pressione fiscale in quel paese è inferiore di sette punti percentuali rispetto a quella italiana.

E mentre in quasi tutti i paesi in ripresa (quella vera, non quella virtuale sbandierata da alcuni politici) il carico fiscale diminuisce, in Italia continua ad aumentare. Col rischio di fare del Bel Paese la prossima Grecia….

di C.Alessandro Mauceri

KKKKK
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