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Rapporto tra Life Events e patologie psichiatriche

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Il concetto di evento è strettamente legato a quello dello stress, anche se di evento come causa di “pazzia” si parla già nella mitologia greca, ma anche nella medicina induista e greca antica.
Al contrario il concetto di stress è entrato nella terminologia scientifica solo una cinquantina di anni fa, da quando con i progressi nel campo della filosofia si è cominciato a comprendere gli stretti rapporti tra i vari sistemi dell’organismo e sul modo in cui questi rispondono in maniera complessa ed integrata ai vari stimoli biologici, chimici, fisici e psichici.
Forse proprio nel campo di stress e eventi la medicina ha trovato più che altrove un modello unitario che supera la dicotomia mente e cervello unificandosi in una azione integra.
Nella relazione tra evento e psicopatologia occorre chiedersi se e in quale misura gli eventi stressanti siano importanti nel processo causale dei fatti psicopatologici.
Occorre individuare quale evento sia importante da prendere in considerazione: catastrofi naturali che colpiscono pochi individui in un preciso momento o eventi che prima o poi colpiscono tutti come un lutto.
Le teorie della psiche e della psicopatologia hanno tentato di rispondere a varie domande: in che modo la psicopatologia è il risultato di fatti reali o di fantasie? Gli eventi stressanti sono importanti nel processo causale psicopatologico? E se lo sono quanto sono importanti i fattori costituzionali e quanto le esperienze comuni o quelle traumatiche straordinarie?
Non è ancora stata data una risposta esauriente a queste domande e gli studiosi sembrano ancora lontani da un accordo.
Secondo alcuni autori sembra naturale che i cambiamenti recenti giochino un ruolo importante nello spiegare l’esordio di una malattia e allora le domande da porsi sono “che tipo di eventi stressanti, in quale combinazione, in quale concentrazione temporale e in quali circostanze ambientali sono implicati in termini causali con i vari tipi di disturbi psichici?”.
Sembra chiaro che le esperienze precedenti, la adattività delle precedenti risposte allo stesso evento, il contesto in cui questo si verifica, la personalità, ecc. siano tutti elementi in grado di modificare il significato intrapsichico degli eventi.
L’idea che gli eventi di vita potessero influenzare la resistenza umana alle difese si ritrova già nella medicina indiana, assira, greca e romana.
Già Galeno parlava dell’origine delle malattie come derivanti “dall’impatto tra una serie di cause esterne, come la dieta, il regime di vita, ambiente fisico e sociale, i veleni, e una predisposizione corporea che è suscettibile al loro influsso, o addirittura predisposta a subirlo”.
Dopo il periodo buio del Medioevo in cui la malattia mentale è stata attribuita a forze demoniache, solamente quando all’inizio del XIX secolo il malato mentale è divenuto oggetto di studio scientifico, la relazione esistente tra un qualsiasi fattore esterno e una risposta patologica dell’organismo è divenuta una dei centri di interesse dell’epidemiologia medica e della psicopatologia.
La nozione di evento traumatico ha assunto un ruolo centrale ad opera soprattutto della scuola francese con autori come Charcot, professore alla Pitiè Salpétriére di Parigi, cui assistette anche il giovane Freud.
Contrariamente all’antica tradizione che attribuiva un ruolo centrale sull’origine dell’isteria alla simulazione o alla presenza di un “utero delirante”, i francesi Janet e Charcot hanno osservato l’importanza del trauma acuto o cronico nella genesi della malattia mentale.
In particolare Charcot pose l’enfasi sul legame fra sintomi ed eventi traumatici che in certe persone suscettibili potrebbero essere all’origine dell’isteria.
Freud prese le basi da quest’ipotesi di Charcot e la presenza del trauma divenne un elemento centrale della teoria psicoanalitica.
Nel “Progetto di una psicologia” Freud iniziò l’ambizioso ed ancora incompiuto tentativo di unificare in un’unica teoria neurofisiologica le esperienze, il comportamento, la memoria e le motivazioni.
Secondo Freud dopo un evento traumatico il ricordo doloroso è represso, ma il potente carico emotivo della memoria porta all’espressione dei sintomi isterici come rappresentazione diretta o simbolica del trauma.
La successiva teorizzazione che all’origine del sintomo isterico non vi fosse necessariamente un fatto reale ma anche, semplicemente, una fantasia interiore, divenne il nucleo del pensiero psicoanalitico e della soggettivizzazione di ogni minimo evento, reale o fantastico.
A questo si ricollega il concetto di “perdita dell’oggetto” che da reale (lutto per la morte del genitore) si è esteso sino a comprendere eventi fantastici.
Nelle “Neuropsicosi di difesa” Freud aveva affermato che non era il trauma in sé, ma piuttosto la difesa contro la rievocazione del ricordo del trauma e dei suoi effetti che causava la nevrosi.
Passava così dalla teoria del trauma alla teoria della difesa contro la rievocazione del ricordo del trauma e dei suoi effetti che causava la nevrosi.
Passava così dalla teoria del trauma alla teoria della difesa, estendendo lo studio dalle nevrosi isteriche (conversione) a quelle ossessive (spostamento) e di altro tipo.
Questa impostazione è tipica della cultura psicoanalitica e si è inserita prepotentemente nel modo di pensare popolare.
Freud ha ritenuto importante il racconto del paziente tanto da diventare una assoluta verità da scoprire attraverso il metodo psicoanalitico.
Sin dalla sua nascita, la psicoanalisi aveva già ricevuto duri attacchi da varie parti: le più importanti negli anni ’20 del secolo scorso dai neopositivisti del Circolo di Vienna, poi quella più famosa del filosofo austriaco Karl Raimund Popper che definisce la psicoanalisi una falsa scienza in quanto non confutabile e non falsificabile.
Limitatamente alla questione degli eventi, Popper obbietta alla psicoanalisi di non essere falsificabile, in quanto qualsiasi ipotetico evento può essere interpretato alla luce della teoria psicoanalitica, che quindi non proibisce nessun evento.
Con l’approccio psicoanalitico si privilegia la ricerca di un significato soggettivo e qualitativo dell’evento che ha enormemente dilatato questo concetto estendendolo a dismisura verso qualsiasi fatto potenzialmente rilevante per il singolo, rendendo di fatto impossibile una valutazione obbiettiva dell’evento stesso in termini di misurazione dell’impatto che uno stesso evento avrebbe potuto avere su un altro individuo.
La teoria psicoanalitica classica valorizza il concetto di conflitto in cui differenti forze psichiche combattono l’una contro l’altra e le fantasie lottano contro la realtà. A ciò si aggiunge la presenza del trauma reale che causerebbe i sintomi di somatizzazione, alessitimia (cioè una marcata incapacità di identificare e descrivere le proprie emozioni), ricordi improvvisi, obnubilamento, ipervigilanza, depersonalizzazione, amnesia, dissociazione e ripetizione del trauma.
Il rinnovato interesse verso il trauma fa sorgere il problema della natura iatrogena dei falsi ricordi.
Gli studi di Loftus e Kercham sottolineano la possibilità di creare dei falsi ricordi, mentre quelli di Williams evidenziano la possibilità di dimenticare completamente un trauma reale documentato.
Secondo Loftus la memoria è più fallace di quanto si possa pensare ed è vulnerabile ad un ampio spettro di stimoli interferenti, come le sugGestioni indotte dall’analista, e facilmente integrabili nella memoria del paziente. Una memoria sostitutiva è più frequente di quanto lo stesso Freud abbia supposto.
In conclusione, data l’attuale imperfetta conoscenza sulla natura della memoria, il clinico deve evitare di suggestionare i ricordi tenendo contemporaneamente aperta la possibilità che esista realmente un trauma all’origine di evento psicopatologico.

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