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Afghanistan: a due settimane dal divieto per donne di lavorare nelle ONG, i bambini afghani potrebbero essere spinti a tornare al lavoro

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Il divieto arriva in un momento in cui l’Afghanistan sta affrontando la peggiore crisi economica e alimentare mai registrata, con oltre 28 milioni di bambini e adulti bisognosi di assistenza umanitaria.

Una recente indagine ha rilevato che il 29% delle famiglie con capofamiglia donna nel 2022 aveva almeno un figlio impegnato nel lavoro minorile, rispetto al 19% dell’anno precedente.

Save the Children, presente nel Paese dal 1976, ha dovuto sospendere le attività in Afghanistan dopo il divieto che ha colpito le operatrici che costituiscono il 50% della forza lavoro dell’Organizzazione e sono fondamentali per raggiungere donne e ragazze che, per motivi culturali, non possono interagire con operatori umanitari uomini.

A due settimane da quando i talebani hanno proibito alle donne di lavorare per le organizzazioni non governative internazionali o nazionali in Afghanistan, i bambini potrebbero essere costretti a tornare a lavorare per strada, nelle fabbriche o nelle case della gente perché i servizi che li sostengono sono stati sospesi a causa del divieto. È questo l’allarme lanciato oggi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine e garantire loro un futuro.

Save the Children, che lavora nel Paese dal 1976, ha dovuto sospendere le attività in Afghanistan dopo il divieto al lavoro per le operatrici umanitarie. Le donne, che costituiscono il 50% della forza lavoro dell’Organizzazione, sono fondamentali per raggiungere donne e ragazze che, per motivi culturali, non possono interagire con operatori umanitari uomini e quindi essenziali per rendere sicuri ed efficaci i programmi dell’Organizzazione

Il divieto arriva in un momento in cui l’Afghanistan sta affrontando la peggiore crisi economica e alimentare mai registrata, con oltre 28 milioni di bambini e adulti bisognosi di assistenza umanitaria. I genitori che cercano disperatamente di sfamare le proprie famiglie, mandano sempre più spesso i propri figli a lavorare in ambienti molte volte pericolosi. Una recente indagine ha rilevato che il 29% delle famiglie con capofamiglia donna nel 2022 aveva almeno un figlio impegnato nel lavoro minorile, rispetto al 19% del 2021.

Hasina*, una delle operatrici di Save the Children per la protezione dei bambini, ha dichiarato di essere profondamente preoccupata dalle conseguenze del divieto sui bambini e che questi possano venire impiegati nel lavoro minorile. “Il divieto per le lavoratrici umanitarie significa che non possiamo gestire i nostri programmi di assistenza ai bambini, in particolare alle ragazze, impiegati nelle forme più pericolose di lavoro minorile, come il lavoro nelle fabbriche di mattoni, nei cantieri, nelle case delle persone, nella raccolta rifiuti e nell’accattonaggio per le strade” ha sottolineato Hasina*.

“Il nostro personale femminile è coinvolto in ogni aspetto dei programmi, dall’andare porta a porta per identificare le ragazze coinvolte nel lavoro minorile, iscriverle a scuola e sostenerle nell’educazione o iscriverle alla formazione professionale, insegnare alle ragazze competenze tecniche e aiutarle a creare le proprie attività. Se non possiamo riprendere i nostri servizi di protezione dei minori con il nostro personale femminile, molte ragazze saranno impiegate nuovamente nel lavoro minorile e ritorneranno nell’indigenza” ha concluso Hasina*.

Nasreen*, 16 anni, è una delle tante ragazze che in Afghanistan è stata costretta a lasciare la scuola per lavorare. Hasina* e il suo team hanno trovato Nasreen* e l’hanno iscritta al programma di formazione professionale di Save the Children. “Avevamo molti problemi finanziari e io lavoravo nelle case di altre persone pulendo, lavando i piatti, badando ai bambini e cucinando. Ma non era abbastanza, quindi ho dovuto iniziare anche io a chiedere l’elemosina. Ero così sconvolta, infelice e stanca della mia vita”, ha raccontato Nasreen*.

“Lo staff di Save the Children è andato di casa in casa per identificare i ragazzi e le ragazze vulnerabili. Qualcuno ha raccontato loro di me e che lavoravo in casa di alcune persone. Poi mi hanno fatto delle domande e, per due mesi, ho seguito corsi di alfabetizzazione e poi abbiamo iniziato la formazione professionale. Sto imparando a ricamare, cucire vestiti e disegnare abiti. È una buona opportunità per me e mi sento così felice” ha concluso la ragazza, che con i programmi sospesi a causa del divieto, ora è a casa e teme di essere costretta a tornare al lavoro.

“Recentemente ho parlato con Nasreen* ed è molto arrabbiata per la sospensione della formazione. Le ho chiesto se avrebbe imparato da un membro dello staff di sesso maschile e lei ha detto che suo padre e la comunità non le avrebbero permesso di frequentare le lezioni con insegnanti uomini e che non avrebbero potuto farle visita a casa”, ha commentato Hasina*.

“Ha detto che sperava di aprire un’attività in proprio un giorno e diventare una formatrice presso il centro. Ora è a casa e ha paura di ciò che le riserverà il futuro”. Il divieto imposto dai talebani alle lavoratrici delle ONG avrà un impatto devastante su milioni di bambini, donne e uomini bisognosi di aiuto in tutto l’Afghanistan.

Save the Children, insieme ad altre ONG internazionali, chiede un’immediata revoca del divieto e garanzie da parte delle autorità de facto competenti che il suo personale femminile sarà in grado di lavorare in sicurezza e senza impedimenti.

Save the Children lavora in Afghanistan dal 1976 per fornire servizi salvavita a bambine e bambini e alle loro famiglie in tutto il paese. Quando i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan nell’agosto 2021, Save the Children ha sospeso temporaneamente le operazioni per poi riprenderle nuovamente nel settembre 2021. Da allora, l’Organizzazione ha fornito un supporto salvavita a quasi 4 milioni di persone, tra cui 2 milioni di bambini. I servizi di protezione dell’infanzia di Save the Children includono supporto alla salute mentale e psicosociale per i bambini in sessioni di consulenza individuale e di gruppo. L’Organizzazione fornisce anche sovvenzioni in denaro alle famiglie per aiutarle a evitare di ricorrere a misure disperate per sopravvivere, come farli sposare precocemente per soldi o mandarli a lavorare.  Il progetto dell’Organizzazione sul lavoro minorile aiuta i bambini a tornare a scuola o, se ciò non è possibile, fornisce loro formazione professionale e una piccola borsa di studio per aiutarli a creare un reddito sicuro e sostenibile. Ora però tutte queste attività sono sospese a causa del divieto.

 *I nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità degli intervistati.

Com. Stam.

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