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Bimba italiana di 7 anni uccisa da una medusa. Deceduta a causa di quella che è stata definita una grave reazione allergica

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Una bambina romana di 7 anni, Gaia Trimarchi, è morta durante una vacanza nelle Filippine dopo essere venuta a contatto con una medusa.

Gaia, che ha il papà italiano, si trovava in gita nell’isola di Sabitang Laya con la madre filippina, uno zio e un cugino, e stava raccogliendo conchiglie in un tratto di mare vicino alla spiaggia quando si è messa a gridare per il dolore. «Ho visto la parte superiore della gamba diventare viola», ha raccontato la madre, Romanita Cabanlong. È stata necessaria mezz’ora di barca – riferiscono i media – per trasportare Gaia fino all’isola più grande di Caramoan e poi altri dieci minuti per arrivare in ospedale. Qui è stata dichiarata la morte a causa di quella che è stata definita una grave reazione allergica. Morte rapida, ma dolorosa – Chironex fleckeri, più nota come vespa di mare o medusa scatola, è uno degli esseri più velenosi del mondo, può uccidere addirittura in un minuto. Venire a contatto con i suoi tentacoli che possono essere lunghi anche tre metri, può essere letale, come accaduto nel caso della bimba italiana morta nelle Filippine. La pericolosità è dovuta alle migliaia di cellule velenifere che si trovano appunto lungo i tentacoli. La sua “strisciata” è dolorosissima e provoca una intensa sensazione di calore. Il veleno quando entra nel circolo sanguigno causa intensi spasmi muscolari, paralisi respiratoria e infine arresto cardiaco, il tutto nel giro di 2-3 minuti. La sua presenza è stata riscontrata lungo le coste australiane, della Nuova Guinea, nelle Filippine e in Vietnam.. Le meduse, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, rilasciano sostanze urticanti che provocano una reazione infiammatoria acuta caratterizzata da eritema, gonfiore, vescicole e bolle, accompagnata da bruciore e sensazione di dolore. Il tutto più o meno persistente a seconda della vicinanza del ‘contatto’.

Giovanni D’AGATA

Com. Stam./foto fonte “Sportello dei Diritti”,

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