Cassazione: nessun risarcimento se il modello di constatazione amichevole non descrive la dinamica del sinistro
Non basta neanche la confessione di uno dei litisconsorti quando gli elementi di prova sono insufficienti e incongrui.
Il proprietario del veicolo danneggiato non ha diritto al risarcimento per il sinistro stradale se il modello di constatazione amichevole di incidente non descrive la dinamica del sinistro. Né è sufficiente la confessione di uno dei litisconsorti quando gli elementi di prova sono insufficienti e incongrui. Lo ha ricordato la terza sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 22165/21 che ha respinto il ricorso del proprietario di una moto. Il ricorrente sosteneva di avere riportato danni al veicolo causati dal conducente di una vettura che non si era fermata allo stop. La compagnia di assicurazione non aveva dato seguito alla richiesta di risarcimento e pertanto era stata convenuta in giudizio. Il giudice di pace di Taranto ha condannato l’assicurazione a esibire copia del procedimento di contestazione e valutazione del danno e a comunicare i motivi specifici della mancata offerta. La compagnia si è però limitata e esibire la perizia meccanica ed è stata quindi chiamata in causa per rispondere a titolo risarcitorio dei danni causati alla moto dal proprio assicurato. Il giudice ha respinto la domanda e il tribunale ha confermato la decisione affermando che gli elementi di prova erano insufficienti e incongrui e che la confessione di uno dei litisconsorti necessari era liberamente apprezzabile dal giudice. Inoltre il modello Cai prodotto in primo grado, sottoscritto dalle parti risultava incompleto, perché non riportava la descrizione della dinamica del sinistro e il ctu aveva espresso il suo giudizio sulla base di valutazioni astratte, non avendo potuto esaminare il motociclo. Infine vi erano incongruenze tra le dichiarazioni rese e i danni rilevati idonee a far emergere un contrasto tra la dinamica narrata e i dati oggettivi a disposizione. La controversia è così giunta in Cassazione dove il proprietario della moto ha sostenuto che il Cai contiene una dichiarazione confessoria resa dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato, che deve essere liberamente apprezzata. Se, invece, come nel caso in esame, tutte le dichiarazioni dei testimoni e l’interrogatorio convergono con le dichiarazioni contenute si ha un’inversione dell’onere della prova a carico dell’assicuratore. La Suprema corte, nel respingere il ricorso, ha rilevato che le argomentazioni del ricorrente non investono la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale non si è mai occupata dell’efficacia probatoria del Cai nei termini prospettati dal ricorrente, cioè non ne ha mai messo in discussione né la portata confessoria, né si è occupata dei suoi eventuali limiti tantomeno si è preoccupata di accertarne la possibilità di utilizzarlo quale indizio, evidenziandone soltanto la lacunosità in ordine alla ricostruzione della dinamica dell’incidente. Infatti, ha concluso la Cassazione, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, “l’incompatibilità logica delle dichiarazioni con la dinamica del sinistro è un momento antecedente rispetto all’esistenza e alla valutazione della dichiarazione confessoria”.
Com. Stam./foto fonte “Sportello dei Diritti”