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Corleone (PA) L’impegno della ricerca, la saggia modestia, il linguaggio del colore

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Paolo Battaglia La Terra Borgese svela verità e comunicabilità delle opere di LaDy Capire la munificenza del colore La Prof. in questione è LaDy, sì è proprio lei! avete capito bene: al secolo (vi sveliamo) Donata Maria Rita Licciardello, docente di Arte e Immagine.

Nasce a Catania alcuni decenni or sono ed opera con eccellente maestria nel palermitano, in quel di Corleone, in Sicilia. Dotta di Storia dell’Arte, ha allargato bene alla sua coscienza artistica le possibilità spirituali, con una comunicazione valida e comprensibile a sé, senza inganni, invidiabile. E da ciò ha origine il suo agire artistico e la volontà di produrre una fiducia da parte dell’indagine critica: a dirlo è l’autorevole critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese.

Battaglia La Terra Borgese prosegue appassionato, con la grande responsabilità che gli è riconosciuta dal mondo accademico e scientifico europeo e quel suo forte senso del dovere professionale che sempre lo contraddistingue, quello della coscienza critica del limite, senza sosta, d’un fiato verso una trascinante visione scrupolosa ma certamente critica della pittura di LaDy: “Il significato vivissimo – sentenzia Battaglia La Terra Borgese – è il suo gusto coloristico. Rispetto al disegno che ha una natura astratta e mentale, il colore è etereo e sensuale. Il rapporto fra disegno e colore non è costante, ma varia a seconda delle concezioni e quindi degli stili che nel corso della propria evoluzione artistica hanno presieduto alla pittura delle sue tele. Può essere un rapporto di equilibrio, di subordinazione o di dominio. Le prerogative pittoriche che le sono proprie possono essere mortificate a tal punto da sacrificarle in favore di un elemento neutro, come il chiaroscuro, oppure esaltate fino ad attribuire loro lo stesso compito del disegno.

Esperta in rappresentazione ed eccellente colorista pittorica LaDy esporta per mezzo della ragione e con estrema vivacità e potenza i propri disegni sotto l’azione della luce sul colore. Si distingue infatti nell’uso delle tinte con l’enfasi e la maestria tipiche del compositore musicale esperto nell’arte del colore, quello vocale o strumentale. E, come lo scrittore arguto, suscita immagini da colori e da forme edificate senza imporre esplorazioni preconfezionate.

Propende a stendere il colore in zone piatte, a ricercare le più ampie superfici per suggerire una visione bidimensionale. In questo caso lascia al disegno, vale a dire alla linea, il compito di limitare il colore, e nel rapporto fra campo cromatico e linea ne stabilisce il principio stilistico. È questo il principio astratto e decorativo al massimo, per cui il colore assume il valore di pura materia preziosa, di oggetto qualificato da intrinseche virtù umane. Nella visione tridimensionale, nella quale la forma assume prerogative di rilievo e di profondità, se è il disegno a creare la forma, il colore ha un ufficio concomitante ed abilmente, con capacità tecniche indiscusse, è assoggettato dalla Pittrice a tutte le inquinature che la resa del rilievo a mezzo del chiaroscuro impone. In questo caso il colore è sentito dalla pittrice come involucro e, da bravissima etimologista del colore, se ne serve per dare evidenza alla forma e impreziosire la sostanza plastica, espediente che l’aiuta a collocare le forme nello spazio prospettico.

Differentemente dal realismo operato da altri importanti, significativi autori – si pensi, per esempio, al grande Dürer -, l’ingegno della LaDy, nelle sue vicende pittoriche, quasi come spinto dal Sacro Fuoco, propende per esprimere ciò che l’occhio umano – ineducato – non riesce a cogliere dalle forme che la natura manifesta, ossia l’Artista simpatizza per l’idea di una Tradizione pura. E questo rimane il cardine, tutt’altro che ingenuo, del sistema di lavoro della Nostra e ne rappresenta l’elemento sensibile e suasivo, in modo che – al contrario di una trasmissione fedele – tutti gli effetti visivi derivanti conferiscano maggiore vigore alle idee nonché infinite sinapsi, sinapsi che librano dal perimetro tracciato verso le menti degli astanti. Sono comunque rese con molta precisione ed efficacia le caratteristiche dei luoghi o dei tempi scelti ad argomento, con funzioni esteticamente comprensibili, oltre che moralmente encomiabili perché dirette esclusivamente a sollecitare gli istinti più nobili dell’uomo.

Attira una delle tele dipinte nel corso del 2019, intitolata Zero, un olio che apre e sembra intrattenersi in un libro di Friedrich Nietzsche, quello che prende per titolo Al di là del bene e del male, dunque in «dammi una maschera, ti prego, una maschera ancora»: finti volti per traslitterare nella forma pittorica il pensiero del Filosofo, l’illusione dell’inganno quale solo ente di ragione che consente di vivere, seppure con la cognizione che la maschera è proprio illusione. Spiegano i pennelli dell’Artista: l’uomo per vivere deve darsi un senso, per la necessità di essere – in vita, nel tutto e tra tutti – in prospettiva della morte che comporta implosione di qualsivoglia senso.

LaDy aggiunge dunque alla propria naturale tendenza per la bellezza o per le cose che appartengono al dominio della fantasia, un valore d’intelletto che discerne e disciplina le impressioni, e una capacità allo studio che la fa navigata dei mezzi tecnici e capace di un fascino occulto e soave. Vengono così caratterizzati tutti i suoi dipinti, si tratta di opere che si distinguono ancora di più, inoltre, perché recano quasi impresso il suggello di un mistero: la femminilità.

La galleria del suo lavoro è tutta una collezione, una pinacoteca preziosa interessantissima, un’accolta di studi, schizzi, impressioni, abbozzi di quadri, di scene rusticane, marinaresche, effetti di luce, motivi pittorici vari, aspetti singolari di persone, di cose, fenomeni naturali, attimi fuggenti di vita colti a volo rapidamente, magistralmente, con uno spirito acuto e arguto di osservazione.

Piene d’anima le opere sono eseguite con brava e sapiente sprezzatura di mano. È in ogni caso fuori discussione che un certo realismo-verità impronta le sue tele, in uno con l’intensità di vita che se ne sprigiona, l’espressione mirabile dei visi, delle figure, sono qualità e caratteristiche tali che dimostrano la potenza eccezionale di un temperamento d’artista evocatore dell’anima delle cose e di poeta giocondo del colore. Sono anche raggiunte note prestigiose di luminosità che certo la sola tavolozza non potrebbe dare a mani qualsiasi.

Eleganza e ingegno distinguono pertanto le caratteristiche chiave di LaDy. Per indicare gli alberi realizza una serie di pennellate dall’andamento curvilineo stese su differenti tonalità di colore, delineano sia le foglie, sia le nuvole vaporose. La rappresentazione degli abiti, delle pose e dei gruppi di personaggi è sintetica ed eloquente, le strisce di colore fuoriescono dai contorni rapidamente tratteggiati. Per gli elementi che turbano la calma della scena LaDy usa pochissimi tratti per cogliere la tensione e la potenza. Con rare eccezioni le donne sono costantemente dipinte come volti privi di lineamenti o dalle sembianze appena accennate. Le linee sintetizzano invece i dettagli architettonici per valorizzare i contorni curvilinei, contribuendo a dare unità alle composizioni; e anche qui l’artista lascia spesso che i colori escano dai contorni, con movimenti aggraziati.

Tre celebri proposizioni riassumono benissimo in brevi e sentenziose parole sull’opera matura di LaDy e sulla sua regola di pittura:

«L’arte non sorge quando l’espressione dell’elemento formale e l’espressione dell’organismo formale coincidono visibilmente con lo spirito del contenuto».

«Ogni opera è innanzitutto un prodotto, non opera che è, ma in primo luogo genesi, opera che diviene».

«L’opera pittorica sorge dal movimento, è essa stessa movimento stabilizzato ed è còlta nel movimento… secondo l’associazione comparativa di volta in volta evocata».

L’autore di questi aforismi è Paul Klee. E, con le parole del Sommo, potremmo definire l’opera di LaDy un viaggio per riveder le stelle”.

Cpm. Stam.

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