Da sempre gli autovelox fanno temere i milioni di automobilisti italiani, questo soprattutto a causa delle denunce che più volte sono state inoltrate dagli impiantisti degli stessi dispositivi che hanno fatto notare l’aleatorietà delle installazioni. Tra i casi significativi ricordiamo la denuncia di un installatore di stanza a Bereguardo, in provincia di Pavia. L’uomo ha sottolineato, durante la trasmissione La Gabbia su La7, come gli apparecchi venivano collocati non tanto ai fini di prevenzione nei confronti degli automobilisti, quanto piuttosto con lo scopo di aumentare il numero di contravvenzioni. Più foto gli apparecchi facevano, più la ditta guadagnava, e di conseguenza aumentavano anche i guadagni del Comune, che connivente con la società che si occupava dell’installazione taceva sull’abuso operato. La legge, infatti, dice che il Comune ha la facoltà di appaltare i servizi di tutoring delle strade, ma questi non devono essere legati in alcun modo agli incassi delle multe. A porre un freno a tale situazione adesso potrebbe essere addirittura la Corte Costituzionale, chiamata a giudicare la legittimità di questo strumento di rilevamento delle contravvenzioni. La questione è giunta sotto la lente della Corte a seguito del rinvio operato dalla Corte di Cassazione, a sua volta chiamata dopo i copiosi ricorsi avverso le multe contestate dall’autovelox, secondo la quale la normativa sugli apparecchi di controllo elettronico della velocità è illegittima, poiché non prevede l’obbligo di verifiche periodiche di funzionalità e taratura. Se la Consulta dichiarerà l’illegittimità della normativa per la mancata previsione della taratura periodica, tutte le multe sino ad oggi elevate potrebbero essere nulle. È però necessario proporre ricorso nei termini, e chi si è fatto sfuggire l’occasione non potrà, purtroppo, recriminare più nulla. Diverso il discorso per chi, invece, ha un processo in corso: in questo caso potrà chiedere la sospensione del giudizio in attesa della sentenza della Corte Costituzionale.