Roma, via libera per il testo del disegno di legge anticorruzione ieri in esame in Senato. Fra i primi punti ad essere analizzato l’art. 8, dedicato al falso in bilancio, che viene approvato, con voto segreto, con un totale di 124 voti favorevoli. La manovra consente cosi la ripenalizzazione del reato, abolito durante il governo Berlusconi. Un voto che arriva sul filo di lana con il sì che arriva solo con tre voti di scarto. Secondo quanto previsto dal testo, le pene per le società normali saranno da 1 a 5 anni di reclusione, mentre per quelle quotate o quelle che immettono titoli sul mercato o le banche, gli anni di reclusione andranno dai 3 agli 8. Approvata anche la scriminante per il caso di tenuità del fatto, caso nel cui la pena sarà ridotta da sei mesi a tre anni, “tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”. Critico sulla votazione l’ex Pm Antonio Di Pietro che definisce il ddl come un pesce d’aprile: “Il pesce d’aprile oggi non sta nel fatto che si faccia la legge, ma come è fatta la legge. Poi piuttosto che non fare niente, va bene anche questo”. Tra i provvedimenti di maggior rilievo, oltre il caso di falso in bilancio, anche l’aumento delle pene per associazione mafiosa: i boss e i loro uomini rischieranno, grazie all’approvazione dell’articolo 4, fino a 26 anni di carcere. Si anche all’introduzione della possibilità di patteggiamento e alla condizionale nei processi per i delitti contro la pubblica amministrazione, ma unicamente nel caso in cui ci sia stata la restituzione integrale di quanto sottratto illecitamente. Significativo il dato post consultazioni mostrato sul blog di Beppe Grillo dove tra i 27.124 iscritti certificati, soltanto il 19,7 % è favorevole ad un sì da parte del movimento pentastellato a fronte di un 80,3% che opterebbe per il no.