Legge n. 1409 del 15 agosto 1863 (la elle di questa legge è maiuscola solo perché posta ad inizio di frase altrimenti non meriterebbe) dal titolo: “Procedura per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Province infette” cosiddetta legge Pica, dal nome del proponente deputato Giuseppe Pica, abruzzese, un altro “benefattore” verso il suo popolo.
Tale legge introdusse il reato di brigantaggio e prevedeva il “domicilio coatto”, ovvero la deportazione di masse enormi di meridionali perché sospetti manutengoli (sostenitori dei briganti). Con tale definizione si dipingevano come criminali parenti e conoscenti dei briganti, quindi donne vecchi e bambini, tanto da provocare un esodo biblico di meridionali che venivano estirpati dai loro luoghi d’origine per trovare “ospitalità” al confino, preferibilmente in località del Nord, se possibile isole o stabilimenti che erano parenti prossimi di quanti ne abbiamo conosciuti nella seconda guerra mondiale e che andavano sotto il nome di lager.
L’unificazione portò con se la desertificazione del tessuto produttivo del Sud, lasciando solo lacrime e disperazione, tanto da dare inizio ad un fenomeno quasi simile alla deportazione, l’unica differenza stava nella “libera scelta” che i singoli erano costretti ad operare che faceva loro abbandonare la propria terra dato che non esistevano più le condizioni persino della mera sopravvivenza.
Questa emigrazione di massa verso mete lontane, dal Nord per arricchire le finanze di qualche industriale sino ai paesi europei ed alle Americhe, serviva a scardinare il concetto stesso di società quale insieme di persone, territori, attività, credi, dialetti, gruppi sociali, per creare scollamento dalla base, smembrando soprattutto la cellula primaria: la famiglia.
Va detto ad onor del vero che molti di costoro, i quasi deportati post unitari, andarono via perché non gradirono gli sforzi enormi compiuti dai Savoia nella meticolosa azione depredatoria finalizzata a farci sentire più legati ai fratelli settentrionali che vennero a portarci l’unità e a toglierci tutto, e pazienza se in molto non capirono e ne morirono a centinaia di migliaia: mah, non apprezzarono.
I nostri conterranei, per lo più mano d’opera, conquistarono subito il disprezzo di chi doveva invece ringraziarli, se non altro per tutto ciò che venne sottratto ai popoli del mezzogiorno allorquando venne decisa l’aggressione nei confronti del Sud, per unificare a mano armata il nostro Paese.
Oggi il termine deportazioni ha subito una metamorfosi, si tratta di accompagnamento coatto, semi forzato, verso altre nazioni, e non più mano d’opera bensì cervelli, quasi sempre provenienti dal Sud, li dove i governi sin qui succedutisi hanno prodotto sforzi sovrumani per rilanciare il Mezzogiorno (qualche malpensante intende rilancio verso il medioevo), altrimenti il progetto europeo di assoggettare tutta la fascia euromediterranea quando mai potrebbe riuscire?
I media, controllati in maniera asfittica da chi ha interesse a farlo, fa apparire il fenomeno come un elemento positivo, così l’amaro calice sembra nettare e guai a lamentarsi, siamo europei. Pertanto occorre cogliere la grande opportunità che ci viene data, i nostri giovani laureati potranno trovare finalmente grandi opportunità a quattromila chilometri da casa, e basta lamentarsi con la mancanza del lavoro o dei continui licenziamenti che sembrano molto simili ad una emorragia non arginabile, siamo europei.
Infine per chi si lamenta delle grandi distanze che ci separeranno dai nostri figli, nessuna paura, il ponte ci farà sentire più vicini e più europei.
di Gianfranco Pipitone




