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FILM: La terra dell’abbastanza ~ Un’altra vita è possibile?

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L’esordio dei gemelli D’Innocenzo (da non confondere con i più navigati De Serio), avvicinatisi timidamente al cinema e provvisti d’intuito figurativo non indifferente, poteva risolversi nel solito sguardo aperto alla speranza sulle periferie che diseducano e inghiottiscono i giovani.

Invece dal plot – il casuale investimento stradale d’un pentito (su di lui di più non è dato sapere) da parte di due svogliati  però sostanzialmente onesti studenti d’alberghiero, privi di reali prospettive, diviene l’opportunità per un reclutamento nella malavita – si avverte la consapevolezza  nel raccontare i territori fertili per la criminalità e le sue regole implacabili, il puzzo del degrado umano volontario, l’ineluttabile progressione dei traumi recati da un ambiente dove la vita perde importanza, la droga si raffina su comuni fornelli, il sesso (a pagamento) è plateale.

Le coscienze dei protagonisti, l’indolente Manolo e il nervoso Mirko (Carpenzano, visto in Tutto quello che vuoi e nella serie tv Immaturi, e Olivetti, entrambi eccezionali), sono assopite dal miraggio di guadagni facili, il delitto su commissione è solo un fosso da saltare, l’accudimento delle prostitute normale amministrazione, l’uso di stupefacenti inesorabile consuetudine. Gli inerti adolescenti (uno abbandona la scuola, l’altro no: non è un dettaglio) finiscono sotto un giogo invisibile, ma subiscono la fascinazione del corrotto giro in cui si cacciano di proposito – anzi, la brutale discesa agli inferi inizia perché il genitore fannullone di Manolo (un Tortora al quale consigliamo di accettare da adesso solo ruoli drammatici) sprona quest’ultimo a prendersi il “merito” (non esattamente suo, benché la complicità sia innegabile) dell’eliminazione dell’“infame” – senza cambiare davvero. E l’ambiguo esito della loro ultima missione (così come dev’essere anonima la conseguente punizione) gioca per l’appunto sul loro malinteso bisogno di rivalsa. L’assoluta evitabilità del traviamento – e sembra che qui i padri (basta un tatuaggio ad anestetizzare un rimorso, se c’è?) abbiano più colpe delle madri, vedi quella di Mirko (un’impressionante Mancini), comunque indigente eppur provvista della dignità di protestare – rimane il senso definitivo di un lavoro ulteriormente valorizzato dalla fotografia di Paolo Carnera (da notare l’allucinata sequenza in parallelo dell’esercitazione in cucina). Nell’ottimo cast si segnalano i manigoldi opportunisti di Luca Zingaretti e Giordano De Plano (mandare allo sbaraglio i baldanzosi nuovi affiliati, non riconducibili alla banda, significa calcolare i rischi). Lo stupendo titolo si lega alla secca battuta conclusiva.

La terra dell’abbastanza (Italia, 2018) di Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo con Andrea Carpenzano, Matteo Olivetti, Max Tortora, Milena Mancini, Luca Zingaretti

di Massimo Arciresi

 

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