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Helsinki e la fine (forse) del conflitto siriano

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Sono tutti in fermento per l’attesissimo incontro fra Trump e Putin che avrà luogo il 15 luglio ad Helsinki. L’agenda sarà fittissima, e la questione siriana giocherà sicuramente un ruolo primario. La vittoria di Assad è ormai una certezza, e le parti in gioco sanno che è tempo di trovare un accordo.

E‘ noto da tempo il desiderio di Donald Trump di porre fine all’intervento statunitense in Siria. Come riportato da diverse testate giornalistiche negli ultimi giorni, sembra che Putin sia riuscito ad ottenere dagli Stati Uniti un ritiro completo delle truppe americane dal territorio siriano. In effetti, dopo che lo scorso marzo i Turchi sono riusciti a spezzare la resistenza curda nella città di Afrin, l’avanzata nel Nord della Siria è stata lenta ma inesorabile. Anche grazie alla graduale smobilitazione delle truppe americane, che fino a quel momento avevano fatto da “cuscinetto” fra le forze di Ankara e le milizie curde. Esse da sole non possono sperare di competere con la quantità e la qualità dei mezzi turchi, e la tragedia dell’assedio di Afrin ne è stato un esempio.

accordi di “fusione”

A sostegno di questa ipotesi bisogna segnalare l’arrivo nei giorni scorsi a Damasco di una delegazione delle forze curde dello YPG. Come riportato da “La Stampa”,
si sarebbe raggiunto un accordo fra Damasco e le forze dell’SDF (Forze Democratiche Siriane), in gran parte formate da miliziani curdi: le forze dell’SDF verrebbero inquadrate all’interno della struttura militare dell’esercito siriano, rendendo i suoi combattenti a tutti gli effetti soldati regolari. Non solo, questi ultimi anni trascorsi a combattere contro il comune nemico, le milizie dello Stato islamico, verrebbero considerati come servizio prestato alle dipendenze dell’esercito di Damasco.

La notizia di questo accordo, che dovrebbe entrare in vigore nei prossimi giorni, ha giustamente suscitato interesse, ma relativamente poco stupore. Era da tempo
che i due schieramenti si “corteggiavano” vicendevolmente. Dopotutto, pur combattendo sullo stesso territorio, non vi erano mai stati scontri fra le due forze, anche e sopratutto per il comune scopo di combattere per l’annientamento dell’ISIS. Ed inoltre la Turchia, da sempre l’acerrima nemica dei curdi, non può essere vista
di buon occhio da Damasco, in quanto la sua campagna contro le forze curde sta avvenendo su quello che, prima della guerra, era suolo appartenente alla Repubblica
siriana.

CONTENUTI E VANTAGGI

Altro punto importante dell’accordo per Damasco sarebbe il passaggio sotto il suo controllo di importanti passi di frontiera ad est, verso ‘Iraq, e ad ovest,
verso la Turchia. Questa eventualità rassicurerebbe anche la suddetta Turchia, la quale vedrebbe scomparire il timore di una comunità curda indipendente,
o semi-indipendente, vicino ai suoi confini. Questo addirittura, secondo ogni logica, renderebbe estremamente difficile per Ankara giustificare ogni prosecuzione
delle operazioni militari nel Paese, in quanto cesserebbe la principale causa che le aveva scatenate.

Quali sarebbero invece i vantaggi più concreti per i curdi? Essi vedrebbero realizzata la possibilità di vedere riconosciuta la propria specificità culturale ed etnica dalla Siria, che, fra l’altro, riconoscerebbe la lingua curda come seconda lingua dopo l’arabo, e la possibilità che venga insegnata nelle scuole. Inoltre, ai curdi
verrebbero anche riconosciute delle prerogative sui frutti del suo territorio, in quanto la carica di Ministro del Petrolio sarebbe riservata ad un membro della comunità.

Questo accordo (in realtà si tratta di un pre-accordo, nella speranza che tutto vada per il verso giusto) si combinerebbe con un riconoscimento da parte di Israele
dell’autorità di Damasco sui territori meridionali del Paese, prossimi alle alture del Golan. Una sorta di riconoscimento della vittoria di Al Assad sulle forze ribelli del Paese.

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