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Lettera del Vescovo per il nuovo Anno Scolastico in tempo di pandemia

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Carissima Scuola, in questi giorni ti ho pensato tantissimo. Ti ho pensato come tuo figlio: uno dei tuoi tantissimi figli di quelli con “i capelli bianchi”. Ti ho pensato con quella sconfinata gratitudine propria di quanti hanno la continua consapevolezza che tu, come una vera madre, hai sempre a testa alta portato avanti una missione preziosissima: umanizzare la vita.

Lo hai fatto, forse senza averne mai avuto una lucida consapevolezza, indicandoci la via della sinodalità, quella da percorrere insieme alle famiglie, alla parrocchia, alle varie amministrazioni comunali.

A tutta quanta la comunità.

Ci hai additato quanto un saggio proverbio africano afferma: «Per educare un bambino serve un intero villaggio».

Eppure, qualche volta ti abbiamo lasciata da sola. Non possiamo farlo adesso, in questo tempo di emergenza in cui sono improvvisamente venute fuori tutte le emergenze. Dobbiamo starti accanto.

Questa lettera ne vuole essere un semplice segno a nome personale mio e della Chiesa tutta di Cefalù. All’inizio di questo particolare e travagliatissimo nuovo anno scolastico t’immagino come quella madre che è stata costretta a cambiare il suo “vestito”, ma non il suo cuore e la sua mente.

O meglio, un virus invisibile, un potentissimo nemico per la vita delle nostre comunità, ti ha imposto di indossarne due.

Accanto al “grembiule” del servizio, il “camice” della prudenza. Due abiti che, in questo tempo di pandemia, pare vogliano rimarcare l’impellente urgenza di procedere con più determinazione alla realizzazione di un grande “villaggio dell’educazione”.

Ogni cittadina, comune, piccolo borgo con ogni sua agenzia educativa è chiamata a custodire e coltivare la vita, la crescita, l’umanizzazione dei nostri figli. È un appello che dobbiamo accogliere e abbracciare.

Ogni comunità deve rendersi disponibile a mettersi al servizio della comunità.

Il Coronavirus con il suo seminare rispettabilissime paure, col suo obbligarci al distanziamento sociale, non può proibirci di fare in modo che comprendiamo che sia giunta l’ora che veda  la comunità chiamata a educare e a servire la comunità.

Non siamo di fronte a un gioco bellissimo o retorico di parole. Il COVID-19 ci impone di mettere in rete energie, talenti, competenze, ruoli. Di unire i nostri sforzi in una sorta di alleanza educativa.

Già lo scorso anno Papa Francesco ci aveva parlato di patto educativo globale: «di convergenza globale per un’educazione che sappia farsi portatrice di un’alleanza tra i docenti, gli studenti, le famiglie, la società civile» (Messaggio per il lancio del patto educativo, Settembre 2019).

Carissima Scuola,

in questa accattivante sfida, tu dovrai continuare a mostrarti come quella mamma sempre in corsa. Come colei che sa prendere per mano i suoi bambini. Dai loro primi passi fino alla piena giovinezza. Li dovrai ancora accompagnare quasi tutti davanti alla porta, alla quale è sempre più difficile accedere, dell’agognato lavoro Quella meta che gratifica ogni tua fatica. Tutto il tuo sudore.

In questi giorni stai ritrovando il tuo ossigeno, riprendi a vivere in pienezza questa missione che ti appartiene e sostiene, come le ossa lo fanno per il nostro corpo.

I cancelli degli asili nido, delle scuole dell’infanzia, della primaria, della secondaria di primo e secondo grado ritornano a spalancarsi.

È il modo più significativo e più bello di riaprire le porte alla vita, al futuro: alla speranza.

E poi, va gridato alle coscienze di tutti che la cultura, l’istruzione toglie l’erba sotto i piedi alla delinquenza, alla criminalità.

Carissima Scuola,

potrebbe sembrare di trovarti e di trovarci in un oceano di contrasti, di nodi non scioglibili, nel quale sei al tempo stesso vittima e protagonista. Accartocciata e intrappolata.

È vero, la pandemia apre i tuoi cancelli a percorsi e metodi pedagogici che ci impongono non facili cambiamenti, dettati dalla voce della prudenza che diviene la carità che custodisce la vita dei grandi e dei piccoli.

Di maestri e discepoli.

Eppure, questo nutrito “assembramento” di cambiamenti di regole, di comportamenti, del tuo modus vivendi, dietro l’allarme del contagio, può e deve  educarci a relazioni che ci guidano, con la bussola del sacrificio, sulla via del rispetto, della cura, dell’attenzione verso l’altro, verso il prossimo più prossimo. Ogni mattina tra le mura delle scuole, e ancora prima tra quelle delle case, suoneranno per tutti delle campanelle che ci chiamano come non mai a scoprire o riscoprire il senso e il valore della vita vissuta tra le “aule” della quotidianità.

Ci diramano un’allerta salvavita: «Uscite da possibili tendenze a chiusure o isolamenti».

Carissima Scuola,

tu hai l’arduo compito di fronteggiare e azzerare il triste e visibile fenomeno di “egolatria”.

Sappiamo entrambi che può trasformarsi in una “pandemia” letale che rischia di togliere il respiro alla categoria della fraternità, alle vocali e consonanti che scrivono ogni relazione: solidarietà, dialogo, confronto, reciprocità e generosità.

Il Coronavirus lascia in eredità anche a te questa sfida nella cornice di un patto educativo globale: allontanare i nostri figli, le nostre comunità dalla cultura dello scarto e dell’indifferenza.

Carissima Scuola,

hai unito intere generazioni: sai tessere con il ricamo dell’aggiornamento e della formazione permanente la tela delle relazioni intergenerazionali. Sei riuscita a farlo nei mesi del lockdown con la didattica a distanza con tenacia e alto senso di responsabilità, con la pazienza e la passione dei tuoi docenti. Spiazzando tutti, ci hai testimoniato che le tue ginocchia, braccia e mani non hanno mai conosciuto forme di artrite o artrosi. Sai abbracciare e sai camminare. Col tempo, con la storia e con la vita.

In questo incrocio di cammini e di abbracci, accogli anche il mio abbraccio benedicente.

Vuole raggiungere tutti: ogni dirigente scolastico, ogni docente, tutto il personale scolastico; ogni bambino, ragazzo, adolescente, giovane che abita la tua casa e ogni famiglia che ruota attorno a questa casa.

Un abbraccio rivestito di evangelica tenerezza voglio donarlo agli insegnanti e ai bambini costretti per seri motivi di salute a seguire in diretta ma solo con cuore l’apertura del nuovo anno scolastico.

Penso ai bambini diabetici, con patologie cardiologiche severe, alle insegnanti dentro il tunnel della chemioterapia.

Nella mia preghiera Voi che fate parte del forte esercito delle persone fragili avrete un posto insostituibile. Aiutateci con la vostra dolorosissima assenza a trasmetterci la “mistica” di vivere insieme.

✠ Giuseppe Marciante

Vescovo di Cefalù 

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