Nel giorno del rito della lavanda dei piedi, prima della celebrazione della Pasqua, Papa Francesco ha presieduto con una cerimonia nei locali del carcere romano di Rebibbia.
Tra i detenuti, Totò Cuffaro, ha deciso di affidare ad una lettera al quotidiano cattolico Avvenire, la sua esperienza con Papa Francesco all’interno del carcere.
“Il Papa è voluto essere uno di noi, il suo amore e la sua Misericordia sono Cristo. Il carcere non è luogo sconsacrato: ‘Dove dimora il dolore il suolo è sacro’. Cristo arriva e porta pace alla disperazione degli uomini che sono al varco del confine, nelle urne del pianto. Arriva e libera gli spiriti legati alle catene. Cristo è uno dei nostri, fatica con noi per riscattare il nostro passato e per ripristinare i nostri giorni.”
E così Totò Cuffaro, ex Governatore della Regione Sicilia, condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato alla mafia, parla dei suoi vani tentativi di fede negli anni scorsi, e del suo ritrovato amore per Dio: “Credevamo di averlo trovato nella liturgie a cui avevamo preso parte, di averlo raggiunto nei pellegrinaggi che avevamo fatto, di esserci stati accanto in meditazione nei ritiri spirituali, ma oggi possiamo dire che l’incontro che veramente ce lo ha fatto conoscere è accaduto qua dentro. In questo luogo, senza cercarla né aspettarla abbiamo sentito la Sua voce: inconfondibile. In questo luogo che tenta di far scomparire l’uomo Lui ci ha svelato la sua dimensione essenziale.”
Un cambiamento quasi paradossale, ma forse possibile quando ci si ritrova a convivere quotidianamente con se stessi e con le proprie colpe.