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Melanoma cutaneo e oculare: diagnosi preventiva e trattamenti innovativi al centro del confronto tra professionisti al Policlinico

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“Melanoma cutaneo e oculare: un tumore da conoscere e prevenire” è stato il tema al centro di un incontro, aperto dal direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliero Universitaria etnea, Antonio Lazzara, che ha visto confrontarsi gli esperti delle Unità Operative Complesse del Policlinico “Rodolico” di Dermatologia diretta da Giuseppe Micali, Oculistica diretta da Teresio Avitabile e Anatomia Patologica diretta da Gaetano Magro.

L’’organizzazione è stata curata dalle Unità Operative “Educazione alla Salute” ed in particolare da Carmelita Calaciura e Giusy Grasso, e “Aggiornamento e Formazione” di cui è responsabile Angelo Gambera. A moderare le sessioni che si sono susseguite sono stati la dermatologa Letizia Musumeci e l’oculista Antonio Longo.

Il melanoma può svilupparsi dove sono presenti i melanociti, le cellule incaricate di produrre melanina, il pigmento responsabile di difendere il corpo dai raggi ultravioletti dannosi per l’epidermide. I melanociti sono presenti sull’epidermide e su altri tessuti, come i tessuti oculari, le mucose della bocca e delle parti intime femminili.

“L’incidenza del melanoma cutaneo è in costante aumento –spiega il professore Francesco Lacarrubba dell’UOC Dermatologia- con differenze in funzione di razza e latitudine e interessa tutte le fasce d’età, ma molto raro prima della pubertà. Il fattore di rischio principale è rappresentato da un’esposizione eccessiva e ripetuta ai raggi solari, ed i soggetti con carnagione chiara sono più colpiti. Il melanoma può comparire direttamente su cute sana o derivare dalla trasformazione di un nevo preesistente. La prevenzione del melanoma si basa soprattutto su una corretta esposizione solare, moderata e graduale, evitando le ore più calde ed utilizzando appropriate creme protettive con un alto fattore di protezione solare (detto SPF). La diagnosi precoce è fondamentale, in quanto la mortalità del melanoma in fase avanzata e metastatica è elevata”.

“Il nostro obiettivo è identificare il melanoma “In situ”, nella sua fase iniziale quando è ancora di piccole dimensioni per poter fare una diagnosi quanto più precoce possibile anche con l’ausilio degli strumenti a nostra disposizione”, ha quindi sottolineato la dermatologa Anna Elisa Verzì, illustrando le apparecchiature.

Per ciò che concerne l’occhio “Il Melanoma Uveale è il tumore maligno oculare più frequente che in Italia fa registrare circa 400 nuovi casi l’anno –chiarisce il professore Andrea Russo dell’UOC Oculistica-. Questa neoplasia, notevolmente maligna, può avere origine dalla coroide, dal corpo ciliare, o dall’iride che nell’insieme costituiscono l’Uvea – lo strato vascolare dell’occhio. La malattia può arrecare gravi danni alla funzione visiva e ha un livello di mortalità elevato. I melanomi oculari possono presentarsi con disturbi della visione, ma, più spesso, sono asintomatici e vengono osservati in occasione di visite oculistiche di routine (da eseguirsi annualmente). Per una corretta diagnosi di melanoma uveale, gli esami fondamentali da praticare sono: Oftalmoscopia cioè l’osservazione del fondo oculare; Angiografia, che evidenzia i dettagli della circolazione tumorale; Ecografia, fondamentale per avere informazioni sull’aspetto istologico, e per valutare le dimensioni del tumore”.

“Catania è stata pioniera dell’Adroterapia, trattamento che consente di la conservazione dell’occhio –ha aggiunto il dottor Emilio Malerba della stessa Clinica Oculistica-. Dal 2002 L’Azienda Ospedaliero Universitaria etnea ha creato il primo centro di riferimento in Italia e tutt’oggi siamo tra i pochissimi al mondo a utilizzare la procedura –conclude Russo-. Essa comporta la distruzione del tumore attraverso un danno provocato sul DNA delle cellule tumorali, e dall’effetto citotossico”. 

“Nell’ambito delle neoplasie cutanee –ha infine affermato il professore Rosario Caltabiano dell’UOC Anatomia Patologica- la patologia melanocitaria rappresenta un campo controverso riguardo alla morfologia di un gruppo di lesioni dal comportamento biologico incerto, c.d. “intermedio”. In tali casi una diagnosi accurata richiede spesso di integrare l’osservazione morfologica con indagini di biologia molecolare. La nuova classificazione WHO 2018, oltre ad aver associato le lesioni melanocitarie a differenti “pathway” molecolari, ha introdotto una terminologia che necessita di una condivisione fra esperti del settore al fine di utilizzare un linguaggio comune nei referti anatomo-patologici”.

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