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Orrore liftato

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Dopo aver realizzato nel 2006 il “semi-cartoon” Monster House (che si avvaleva in realtà della tecnica del motion capture) e, due anni dopo, il fantasy Ember – Il mistero della città di luce, tratto dal libro di Jeanne Duprau e passato abbastanza inosservato (non era così male, in fondo), Gil Kenan – che finora si è dunque dedicato a prodotti per la tarda infanzia – si butta in un’idea rischiosissima: il rifacimento di uno dei migliori e più significativi horror degli Ottanta, quel Poltergeist avvolto da cattiva reputazione (soprattutto per la triste sorte di alcuni elementi del cast) dal quale sgorgarono due seguiti meno incisivi e molti ragionamenti sul progressivamente invadente, nefasto potere della televisione. Dietro al successo della seminale pellicola c’erano due delle menti migliori del comparto fantastico (inteso come genere): Steven Spielberg, ufficialmente il produttore (ma si è a lungo vociferato sul suo debordante ruolo sul set), e Tobe Hooper, già regista di un altro titolo storico (e allegorico), Non aprite quella porta.
Il soggetto è rimasto grosso modo lo stesso (al di là del cambio di cognome e nomi dei membri della famiglia al centro della vicenda): i Bowen, nel bel mezzo degli effetti tempestosi della crisi, sono costretti a cercare una casa più economica; ne trovano una che fa sinistramente al caso loro e vi si insediano, ma da subito la piccola Madison instaura un inquietante dialogo (a cui i suoi cari da principio danno comprensibilmente scarso peso) con le scalpitanti entità ectoplasmatiche presenti già da prima nell’abitazione (incolpevoli vittime post-mortem – strano a dirsi – di un abuso edilizio) e pronte a rapirla per ottenere i loro scopi.
Magari si tratta di un’osservazione alquanto banale per iniziare, tuttavia viene da considerare che lo schermo piatto di un apparecchio televisivo odierno possiede un’inferiore aura minacciosa rispetto a quelli dai vetri bombati di un tempo. E l’impressione si perpetua, si rinnova e prende forma durante la visione: un pagliaccetto sghignazzante e un ammasso di anime in pena, per quanto frutto di pregevoli trucchi, non sono sufficienti a provocare autentici brividi, e aleggia legittimamente il sospetto che l’intera operazione sia stata concepita “a prova di divieto”, per far sì che il prezioso pubblico dei giovanissimi affolli le sale (perlopiù americane) e corrobori gli incassi. Ciò comporta, tra l’altro, una deprivazione del senso globale del plot, che ovviamente avrebbe potuto essere aggiornato sulla dilagante diffusione del web. Insomma, uscendo dal cinema la voglia di rivedere l’originale del 1982 è accesa: chissà se è un complimento…

Poltergeist (id., USA, 2015) di Gil Kenan con Sam Rockwell, Rosemarie DeWitt, Kyle Catlett, Saxon Sharbino, Kennedi Clements
Di Massimo Arciresi

KKKKK
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