Si conclude il processo “Eden”, scaturito dall’indagine che ha condotto all’arresto di persone affiliate alla famiglia mafiosa di Castelvetrano che fa capo al boss latitante Matteo Messina Denaro e che avrebbe portato a scoprire un giro di affari nell’ambito di attività di aziende edilizie gestite dalla criminalità organizzata. Si attende l’esito dei giudici del Tribunale collegiale di Marsala, presieduto da Gioacchino Natoli, riunito in Camera di consiglio. I giudici dovranno pronunciarsi sulla sentenza in merito alle accuse rivolte alle cinque persone imputate. Fra queste c’è, anche, la sorella del boss latitante, Anna Patrizia Messina Denaro, accusata insieme al nipote, Francesco Guttadauro, di associazione mafiosa e tentata estorsione e ritenuta il punto di riferimento nella gestione degli affari illeciti per conto del fratello. Per loro, i pubblici ministeri della Dda di Palermo, Paolo Guido e Carlo Marzella, hanno chiesto rispettivamente 16 e 18 anni di reclusione. Alla sbarra ci sono anche: Antonino Lo Sciuto, per associazione mafiosa; Vincenzo Torino, imputato per intestazione fittizia di bene; Girolama la Cascia, accusata di favoreggiamento per false dichiarazioni al pubblico ministero. È di tredici anni la richiesta di reclusione per Lo Sciuto, tre anni e quattro mesi per Torino e di un anno per La Cascia. Nell’ultima udienza, prima del pronunciamento della sentenza, si è tenuta l’arringa dell’avvocato Celestino Cardinale, legale di Patrizia Messina Denaro, che ha messo in discussione le accuse, a carico della donna, di attività con finalità mafiosa. Nell’ambito del processo l’associazione “Libera” si è costituita parte civile.
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