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Salvatore Garau – Buddha in contemplazione, la scultura che non si vede – Piazza Scala Milano

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Salvatore Garau – Buddha in contemplazione La scultura che non si vede Piazza della Scala, Milano Dal 5 febbraio all’infinito

Era il 1917 quando Marcel Duchamp presentò un comune orinatoio, chiamato “Fontana” e firmato R. Mutt, incoronandolo come opera d’arte. Nasceva il ready-made, concetto per il quale qualunque oggetto, anche di uso comune, diventa arte se è un artista a dirlo.

  “Cent’anni dopo, Salvatore Garau, uno dei maggiori protagonisti della contemporary art italiana, è andato oltre. Ha progettato di installare una scultura che non esiste. Mentre i protagonisti del ready-made battezzavano come arte oggetti di tutti i giorni, Garau arriva a sostenere che il nulla può essere un’opera d’arte perché lo dice un artista e, affermandolo, crea una magia per cui la gente vede nel nulla un’opera d’arte liberando la propria immaginazione, solo parzialmente indirizzata dal titolo che l’autore dà.  Il nulla assoluto si trasforma in sublime creatività” (Milo Goj)

Dopo aver “esposto” a gennaio la scultura invisibile “Uomo che pensa” in piazza Manno, nel centro di Oristano in Sardegna, Salvatore Garau presenta “Buddha in contemplazione” a Milano in Piazza della Scala: un quadrato tracciato in terra col gesso delimita il punto preciso della scultura, a 25 metri esatti dall’ingresso delle Gallerie d’Italia, che ospita tra le opere della sua collezione anche una tela di Garau.

Una scultura fatta di sola aria a impatto ambientale zero, che esiste perché l’artista così ha deciso, e perché si affida all’immaginazione di chi osserva, ispirato dal solo titolo “Buddha in contemplazione”.

Nato in Sardegna, dalla forte personalità, intesa come indipendenza di pensiero, artista poliedrico sempre disposto ad andare oltre, attratto dal bisogno di sperimentare, Garau sottolinea la genesi di questa sua nuova arte “invisibile”“Come la musica, il canto o la preghiera ci aiutano a vedere ciò che non vediamo, così anche solo un titolo è sufficiente per farci vedere e percepire un’esistenza. Non importa che sia visibile o non visibile, questa forma generata col pensiero adesso è qui, sopra il quadrato bianco, ormai esiste e resterà in questo spazio per sempre e il tempo non potrà deteriorarla”.

Ossessionato dall’idea che anche l’invisibile abbia una sua “consistenza” (già i suoi primi dipinti neri del 1984 evocavano ectoplasmi, trasparenze amebiche e presenze solo suggerite), Garau ha deciso di esporre solo ora la sua scultura che non si vede: la perfetta metafora del momento in cui viviamo costretti dalla pandemia, laddove l’isolamento amplifica a dismisura l’affastellamento delle immagini a cui oggi siamo soggetti, il troppo si annulla e non resta che il nulla. 

“Il concetto della mia scultura si discosta completamente dall’ironia e dalla provocazione dell’Aria di Parigi (Duchamp) o dai palloncini con l’aria d’artista (Manzoni). L’assenza della materia è un atto d’amore verso il non conosciuto e il mistero al quale quasi l’intera umanità si affida. Nessuno ha mai visto il proprio Dio, ma non importa, la fede compone l’immagine”.

“Stiamo vivendo un momento” conclude Salvatore Garau “in cui la nostra fisicità, il nostro esserci è sostituito dalle nostre immagini virtuali e dalla nostra voce (anche questa impalpabile). Il nostro essere carne e ossa deve fare i conti con l’assenza che è la vera presenza in questi tempi. 

Buddha in contemplazione è un’opera libera per eccellenza; nessun permesso è stato chiesto al comune, nessuna spesa di trasporto e di manutenzione, nessun costo per l’acquisizione. Inoltre, ho realizzato la scultura e il video restando in Sardegna. Il responsabile audio visivi della Scala, Nicola Urru, sotto la mia regia ha fatto le riprese, montato e composto la musica. Dal mio salotto ho seguito ogni millimetro della “Messa in opera”. Non si vede la scultura e neanche si è visto l’artista, eppure ci siamo entrambi. Questo è il limite estremo che ho voluto toccare”.

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   Nato a Santa Giusta, (Oristano), diplomato all’Accademia di Belle arti di Firenze, Salvatore Garau ha iniziato la sua carriera non nell’arte visiva, ma in quella musicale, entrando nel 1977 come batterista negli Stormy Six, fra i più noti gruppi europei di rock-progressive.

Nel 1984 torna al primo amore, la pittura, esordendo presso lo studio Cannaviello di Milano. Ha esposto in prestigiosi spazi espositivi in Italia e nel mondo tra cui San Francisco, Washington, Cordoba, Londra, San Paolo, Saint-Etienne, Brasilia, Saint Etienne, Milano, Nuoro, oltre che al Parlamento europeo di Strasburgo. Le sue opere sono presenti in forma permanente in diverse collezioni italiane e straniere, pubbliche e private, in Italia e all’estero, come la Collezione delle Gallerie d’Italia di Piazza Scala e il Museo del Novecento a Milano, la Galleria Civica di Modena e il Museo d’Arte Moderna di Saint-Étienne, la Collezione della Farnesina a Roma e l’Ambasciata d’Italia a Brasilia (Brasile), Seoul (Corea del Sud) e Lima (Perù).

Ha partecipato due volte alla Biennale di Venezia.

Nel 2017 ha realizzato “La Tela”, un docu-film con la fotografia di Fabio Olmi, girato all’interno di un carcere di massima sicurezza italiano. Recentemente ha realizzato il corto di 25′ “Futuri Affreschi Italiani”, invitato a gennaio al Film Festival della Psichedelia a New York.

Com. Stam.

Video Salvatore Garau

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