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“Sicurezza ed antiterrorismo, la situazione nazionale”

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L’11 settembre 2001 è stata la data che ha (tristemente) cambiato il paradigma della sicurezza nel mondo; infatti l’attentato alle torri gemelle di New York ha fatto capire quanto i protocolli di sicurezza necessitavano di una rivisitazione e di una “stretta” al fine di scongiurare al massimo il ripetersi di quanto accaduto. I protocolli operativi sono stati implementati soprattutto negli aeroporti, da sempre obiettivo preferito per il compimento di attacchi terroristici, vuoi per il notevole flusso di persone che vi transitano, vuoi per il grande impatto mediatico dell’attacco e vuoi perché in un aeroporto è possibile colpire interessi di paesi terzi nel territorio nazionale (aerei di altri stati a rischio come USA e Israele in particolare).
terroristi
Il recente attacco al giornale satirico “Charlie Hebdo” a Parigi ha riportato i paesi occidentali a rendersi conto di quanto ormai la minaccia terroristica di natura islamista sia reale e paurosamente vicina. L’ISIS ormai è alle porte del Mediterraneo; gli adepti del califfato stanno conquistando pezzo dopo pezzo quel che rimane della Libia, senza che nessuno faccia qualcosa per impedirlo. La situazione è molto complessa e non è delle più rosee soprattutto in previsione di una ulteriore avanzata dell’ISIS. In questo contesto si inserisce il fenomeno dei cosiddetti “foreign fighters” (combattenti stranieri) ovvero di individui di nazionalità diversa (anche americani, inglesi, francesi e purtroppo anche italiani) che si recano in Siria ed Iraq per sposare la causa del califfato e andare quindi a combattere in nome della bandiera nera e di Allah. Quindi, mentre si pensava a rinforzare i classici obiettivi sensibili (porti, aeroporti, ambasciate) l’attentato di Parigi ha dimostrato con quale incredibile facilità sia possibile colpire nel centro della città senza incontrare particolare resistenza da parte delle Forze dell’Ordine pur essendo Charlie Hebdo un obiettivo a rischio con assegnata una scorta…… Dopo che sono scappati i buoi anche i cugini transalpini hanno chiuso il recinto ed hanno sfoderato i muscoli tipico “dell’esprit della grandeur” francese (non si poteva fare altrimenti) con risultati discreti. Ma il “bel paese” è pronto ad affrontare la temibile ed attuale minaccia terroristica? In Italia, come forse non tutti sanno, abbiamo il più alto numero di Forze di Polizia (e relativi appartenenti) di qualsiasi altro paese occidentalizzato; infatti sono cinque le forze che in Italia hanno lo status di “Forza di Polizia” normate dalla Legge 121/81, di cui due sono ad ordinamento militare (Carabinieri e Guardia di Finanza) e tre ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Guardia Forestale e Polizia Penitenziaria). Ulteriore anomalia rispetto agli altri Stati Europei, per cui l’Italia continua a ricevere richiami dalla Corte Europea, è l’impiego di una Forza Armata per compiti di Polizia in tempo di pace; infatti la “Benemerita” Arma dei Carabinieri (come già suggerisce il nome) è la quarta Forza Armata unitamente all’Esercito, alla Marina ed all’Aeronautica; così come la Guardia di Finanza svolge compiti di Polizia Tributaria e di dogana pur continuando ad essere un organismo militare. Tutto ciò non risponde ai criteri di economicità ed efficienza tanto decantati dai vari Governi succedutisi nel tempo ma anzi crea un enorme dispendio di risorse in relazione al risultato prodotto.
Ma la cosa più anomala è la suddivisione dei compiti che le suddette Forze hanno; infatti se per la Forestale e la Penitenziaria il ruolo è abbastanza definito per le altre tre si assiste ad una sovrapposizione di compiti e di compresenze che generano spesso incomprensioni ed inutili duplicazioni finendo talvolta per ostacolarsi l’un con l’altra. In un periodo di forte crisi economica come quello che si sta attraversando è ancor più eclatante lo spreco di risorse che si ha con questa assurda “pentuplicazione”; basti pensare ai costi per sostenere le amministrazioni burocratiche, le divise, i mezzi, le caserme e così via tutto moltiplicato per cinque! Il costo elevatissimo e lo spreco poi fa si che le risorse impiegate siano sempre insufficienti con conseguenti stipendi inadeguati, carenza di mezzi etc. Per completezza ricordiamo che alle Forze di Polizia Statali si devono aggiungere le Forze di Polizia locali che a seconda del trend politico del momento risentono un ampliamento di competenze sul territorio. Questo quadretto farà sicuramente sorgere al lettore il dubbio che ci possa essere un po’ di confusione nella gestione del sistema sicurezza Italia ma giova ricordare che esistono dei comitati di controllo incardinati nel Ministero dell’Interno che gestiscono (o almeno dovrebbero) i meccanismi della sicurezza del Paese. Lo scorso 10 febbraio è stato varato dal Governo il Decreto Legge antiterrorismo che dà maggiori poteri ai Prefetti (soprattutto in materia di espulsione dei sospettati), aggiunge pene per i cosiddetti “foreign fighters”, amplia i poteri della Polizia sull’oscuramento dei siti web e dà vita alla Procura Nazionale Antiterrorismo. Sono stati impiegati anche i militari per la vigilanza degli obiettivi fissi e sensibili. Questo ovviamente è quello che sulla carta il Governo si prefigge di fare ma in pratica le Forze dell’Ordine italiane sono adeguatamente preparate ed equipaggiate per affrontare una situazione simile a quella di Parigi? In linea generale nessuna Polizia al mondo può (o forse sarebbe meglio dire poteva) essere preparata ad affrontare dei pazzi fanatici armati di AK47 con munizionamento da guerra e granate a frammentazione; certo è che si dovrebbe almeno tendere al raggiungimento minimo di un livello di preparazione della Polizia (inteso come Forze di Polizia) che attualmente, fatti salvi i reparti speciali che sono un eccellenza nel settore (NOCS, GIS, GICO) non sembra esistere minimamente. Infatti i poliziotti italiani dopo il breve periodo del corso di addestramento non ricevono più nessuna preparazione atletica e di difesa personale; l’addestramento al tiro è reso da anni difficoltoso dalla scarsità di poligoni funzionanti e dalla scarsità di munizionamento (la spending review si è abbattuta pure sulle pallottole); il vestiario, dopo anni di lotte sindacali, è in via di ammodernamento con la fornitura di una divisa operativa più comoda e funzionale ma con il conta gocce; i giubbotti antiproiettile (GAP) sono per la maggior parte con la protezione balistica scaduta o in scadenza, e la cosa grave che il Ministero dell’Interno non ha i fondi per reintegrarli tutti o acquistarne dei nuovi. La sicurezza è cosa seria e presenta dei costi alti (non possiamo continuare a fare le nozze con i fichi secchi); pertanto oltre che mettere i militari sulle strade, a distribuire ulteriori mitra Beretta PM12 (ormai obsoleti) e fare indossare il GAP (scaduto) sarebbe opportuno un cambio radicale della visione con forti investimenti e riorganizzazione delle risorse in campo, ricordandosi che il bene primario da perseguire è la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini. Ramses

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