Breve

Bernardo Panzeca : La tuta blu


L’autore
Bernardo Panzeca ha 38 anni e lavora presso la Pontificia facoltà teologica. Scrive fiabe, racconti, poesie e aforismi.
Ha studiato letteratura a Milano e odontoiatria a Palermo ed ha conseguito il diploma in scrittura e sceneggiatura cinematografica presso la scuola di Egidio Termine.
E’stato coordinatore regionale dell’Associazione Fr. Francesco Perez, realtà legata alla congregazione della più nota Opera Don Calabria.
Fin da bambino adora la scrittura e il mare. Ha partecipato a vari concorsi letterari nazionali e internazionali ottenendo riconoscimenti e apprezzamenti. Finalista al Subway letteratura Premio speciale città di Palermo con il racconto “Il viaggio dall’alto”, ottiene la pubblicazione sul Secolo XIX del tweet da favola, concorso nazionale legato al Premio Andersen sulla creazione di una fiaba in 140 caratteri. Ha ottenuto encomi al Mario Luzi, al Premio letterario internazionale Città di Como e allo stesso Premio Andersen con la favola “La famiglia delle chiavi”. Nell’Ottobre del 2016 pubblica la sua prima raccolta di aforismi e brevi racconti dal titolo “Dietro le nuvole”. Pubblicheremo le sue opere per i lettori del “L’ORA” ad iniziare dalla favola “la tuta blu” finalista tweet da favola Premio Andersen Secolo XIX a Sestri Levante nell’anno 2013.

di Antonino Mario D’Agostino

La tuta blu

Un tempo di tanto tempo fa..
una giacca di un gran tessuto pregiato, e con tanti bottoni dorati, durante la sua quotidiana e serena
passeggiata in compagnia del suo amico sigaro, vide sulla strada una tuta blu tutta stracciata e piena
di buchi.
Essa era seduta a terra, con le spalle riverse su un cancello di una fabbrica appena chiusa e aveva il
viso tutto rigato dalle lacrime.
Era disperata e chiedeva aiuto!
Necessitava al più presto di un pò di tessuto per riparare i propri strappi – l’inverno era alle porte e
sarebbe morta sicuramente dal freddo.
L’elegante e sensibile giacca si commosse e cercò in tutti i modi di aiutare la povera tuta.
Parlò con i cappotti, parlò con gli abiti, parlò persino con i papillon.
Tutti annuirono con tristezza, tutti furono solidali e tutti a loro volta parlarono con altri.
Tutti quanti narrarono e decantarono il proprio conforto nei confronti della sfortunata tuta:
“dobbiamo aiutarla!” si udì per strada, “non possiamo lasciarla in questo stato..” disse ancora
qualcuno a gran voce!
Così nei giorni seguenti, di gran fretta e con l’ansia in poppa, si organizzarono e si fissarono delle
riunioni, delle tavole rotonde e dei dibattiti.
Si fecero dei proclami e si chiese ai quattro venti di portare quest’ultimi il più lontano possibile.
La triste vicenda arrivò persino nelle grandi città e all’interno dei palazzi più sfarzosi ed eleganti.
I grammofoni abbassarono il volume in segno di rispetto e le danze si interruppero per riguardo.
Le fasce tricolori, le coccarde e i cilindri si sentirono in dovere anche essi di scendere in piazza e
cercare una soluzione.
E i doppipetti al seguito, scendendo dalle proprie auto blu dichiararono alla stampa:
“siamo fortemente rammaricati e nutriamo grande apprensione per la triste storia”, “ cercheremo
quanto prima una soluzione”
Tutti dovevano sapere e tutti dovevano essere responsabilizzati – la tuta blu doveva essere salvata a
tutti i costi!
Il lunedì chiamò l’amico martedì, che a sua volta venne con a fianco il mercoledì – Ottobre arrivò,
dietro esso Novembre e con al seguito Dicembre – gli abeti si illuminarono e i costumi si
barricarono nei cassetti.
Si fece un gran parlare, si parlò così tanto, ma talmente tanto, che l’inverno un bel dì arrivò in
strada e vedendo la povera tuta agonizzante in terra, non poté fare altro che darle un grande
abbraccio col suo soffice mantello bianco – l’ultimo che la miserabile tuta ricevette nel corso della
sua triste esistenza.
Il freddo penetrò nella tuta – le lacrime si fermarono e la rassegnazione tagliò il traguardo.
La tuta, tra i tanti buchi e i molteplici strappi, oramai congelata, chiuse gli occhi e si addormentò
per sempre.
Un sonno eterno e divino.
Attorno ad essa, la giacca, i cappotti, gli abiti, i papillon, i doppipetti, i cilindri, le fasce tricolori e le
coccarde – tutti visibilmente commossi, e tutti rigorosamente senza alcun buco o strappo.
Ah, dimenticavo…. i grammofoni e le danze dopo tre giorni dal lutto ripresero a suonare e a
danzare.

KKKKK
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