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Ancora intimidazioni per la Dolce Chic

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[dropcap size=big]L[/dropcap]a nota Associazione Culturale della costa orientale del capoluogo siciliano nella giornata di ieri, ha nuovamente subito atti intimidatori. Troncati i lucchetti dei portoni, sia gli accessi principali che l’accesso al mare.Rubati gran parte degli impianti – all’inventario mancano 8 casse audio – . Danni alla struttura, abbattuta una parete interna, ma anche esterni. Rubata anche tutta l’attrezzatura da giardino e strumenti di ferramenta. Svaligiato uno dei magazzini, portate via fra le trecento e le quattrocento bottiglie. Sono intervenute le Forze dell’Ordine. La storia della Dolce Chic è iniziata nel 2012, quando durante le serate organizzate dall’associazione, gruppi di persone si presentavano ai cancelli del locale pretendendo di entrare, ma non potendo accedere hanno inscenato delle liti all’esterno, al solo scopo di creare disagi all’organizzazione.La situazione si ripete, i toni si alzano e in uno di questi episodi bloccando la stradina privata impediscono finanche l’uscita di una donna in stato interessante dalla suddetta strada. Gli episodi si ripetono, prendendo una piega differente. Gli intimidatori, minacciano il figlio del Consigliere-Segretario dell’Associazione con uno schiaffo comunicando che si impossesseranno sia della security – che il locale non ha essendo un’associazione culturale – sia dell’intera struttura. Nel mese di dicembre i responsabili di tali atti, Gaspare Ribaudo, 23 anni ed Emanuel Rughoo Tejo, 38 anni – entrambi pregiudicati – sono stati arrestati nuovamente – solo quindici giorni prima il giudice delle indagini preliminari li aveva scarcerati per insufficienza di prova – ; i pubblici ministeri avrebbero raccolto, infatti, nuovi elementi a supporto dell’ipotesi della violenza privata. La Dolce Chic crede nell’attività delle istituzioni e ha fede che questi atti saranno puniti come i precedenti. “Noi crediamo nella Sicilia – dichiara il Presidente – non vogliamo andare via, siamo giovani e lotteremo per poter vivere e far crescere i nostri figli nella nostra terra”.

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