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ARRIVANO I PRIMI RESPONSI: JUVENTUS IN FUGA ROMA E NAPOLI INSEGUONO TREMANO PARMA E CESENA INTER E MILAN CERCASI

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[dropcap size=big]L[/dropcap]a squadra di Iachini, dopo aver frantumato ogni tipo di record nel purgatorio del campionato cadetto, ritorna in A con molti dubbi e perplessità fra gli addetti ai lavori. La squadra per 7/11 resta quella della B e fra i tifosi serpeggia il malumore, anche alla luce dei 2 punti nelle prime 3 giornate di campionato; la quarta giornata segna forse la svolta, con il pareggio al San Paolo con una doppia rimonta (sotto 2-0 e 3-1 finisce 3-3) e la grande occasione di portare a casa il bottino pieno negli ultimi minuti. La squadra di Iachini prende consapevolezza nei propri mezzi e trova una coppia di attacco capace di riaccendere l’entusiasmo nella tifoseria rosanera. I semisconosciuti Vasquez e Dybala giocano con la sfrontatezza di chi non ha nulla da perdere e diventano protagonisti assoluti in casa e in trasferta con gol e assist di pregevolissima fattura che fanno gongolare il patron Zamparini alla cui porta busseranno i più prestigiosi club europei pur di portare i due gioiellini presso le loro file. La squadra se la gioca alla pari con tutte le grandi del campionato, perdendo solo a Torino contro la Juventus (2-0) ma uscendo imbattuti contro Roma, Napoli e Inter e cedendo -con l’onore delle armi- a Firenze dopo un pirotecnico 4-3. I meriti vanno divisi a metà fra squadra e allenatore, ma anche con il Presidente che sorprendentemente da fiducia a Iachini anche dopo i risultati negativi delle prime giornate. Oggi Palermo e i palermitani sognano in grande, consapevoli di come questo campionato iniziato nero come l’amaro si sta delineando rosa come il dolce.

Nell’alta classifica, c’era molta attesa per vedere anche come sarebbe stata la nuova Juventus e come la squadra avrebbe somatizzato l’addio dell’uomo che l’aveva riportata (negli ultimi tre anni) ai fasti della sua gloriosa storia passata. Il passaggio del testimone ha avuto una sua continuità nei risultati, ma sono cambiate alcune cose nel progetto tecnico e tattico dei campioni d’Italia; Allegri, arrivato fra lo scetticismo generale, è entrato in punta di piedi, non ha rivoluzionato (come fece invece Benitez nel post Mourinho) l’assetto tattico di una squadra che da tre anni domina il campionato; non ha snaturato il 352 di Conte ed ha plasmato nei mesi le sue idee di gioco su una base che era solida di suo, cercando di proporre quel 433 che in Europa ha dato i suoi frutti e che è il modulo utilizzato da quasi tutte le migliori squadre. La Juventus di Conte era una squadra tutta corsa e nervi, alla spasmodica ricerca del gol anche a risultato in cassaforte, tenendo sempre ritmi altissimi per tutta la durata della partita mentre quella dell’allenatore livornese è meno arrembante e per certi versi più consapevole della sua forza. Quello che forse manca, rispetto gli anni passati, è la capacità di tenere alta la concentrazione durante la seconda parte della gara, con un pizzico di presunzione a volte, anche se i risultati dicono che la Juventus di Allegri avrà si 6 punti in meno di quella record di Conte, ma ha in più un ottavo di Champions da disputare, cosa che non avvenne lo scorso anno con l’attuale commissario tecnico della Nazionale.

Dietro i bianconeri, come da pronostico, la Roma. Giallorossi che sono partiti fortissimi (proprio come la stagione scorsa) ma che nell’ultimo periodo hanno, complice anche una serie di infortuni, perso smalto nel gioco e nei risultati; la squadra di Garcia paga caro le errate valutazioni in sede di calciomercato estivo che non ha portato i frutti desiderati. Iturbe si è dimostrato l’ennesimo calciatore che per una piazza come poteva essere quella di Verona era in grado di fare la differenza, mentre nella Capitale non ha dimostrato di valere la cifra importante che la squadra giallorossa ha investito per acquistarne le prestazioni. Quello che maggiormente mancano alla Roma sono i gol provenienti dal reparto arretrato; la cessione di Benatia non si è fatta sentire solo in fase difensiva, ma anche in zona gol dove il difensore (oggi in forza al Bayern Monaco) si era distinto spesso per reti decisive ed era sempre pericoloso in area avversaria sui tiri da fermo dei compagni. La squadra (oggi priva anche di Gervinho, impegnato in Coppa d’Africa) ha visto il suo attacco fare forza sulle invenzioni di un Totti ancora decisivo, ma i cui anni si fanno sentire, specie nelle ripartenze veloci su cui si fonda il tatticismo di Garcia. I 7 punti di distacco dalla capolista Juventus non sono solo figlie della sconfitta (fra mille polemiche, in campo e fuori) nello scontro diretto a Torino, ma nella difficoltà che la squadra di Garcia incontra nel battere una big. Contro le prime 6 della classifica, la Roma non ha mai vinto, collezionando quattro pareggi e due sconfitte. Lo score della Juventus parla invece di sole vittorie e due pareggi; forse l’allenatore francese dovrebbe fare meno proclami di vittoria e cercare di cambiare il suo credo calcistico, spesso inadeguato con la rosa attuale a sua disposizione e divenuto troppo prevedibile per le squadre avversarie.

Terzo il Napoli di Benitez; la squadra partenopea ha iniziato malissimo la stagione con la cocente eliminazione al preliminare di Champions (che gli ha negato l’accesso alla fase a gironi) contro una squadra nettamente più debole. Delusione che è stata del tutto (o in parte) dimenticata alzando al cielo la Supercoppa italiana, vinta ai calci di rigore contro la Juventus. Anche il Napoli, nel complesso, rappresenta una delusione considerando i 13 punti che la separano dalla capolista e 6 dalla Roma seconda. Un Napoli dal potenziale offensivo incredibile, con Higuain e Callejon che occupano le primissime posizioni della classifica cannonieri, ma le cui falle difensive hanno portato a sconfitte o pareggi casalinghi anche contro squadre di medio bassa classifica. Un film già visto in casa azzurra negli ultimi anni. Quarta in classifica una Lazio che rappresenta (insieme a Sampdoria, con cui condivide la posizione in classifica), una piacevolissima realtà del nostro campionato. La squadra Poli ha iniziato il campionato un po in sordina, ma una volta raggiunta le posizioni di vertice, non le ha più mollate.
Fra le grandi deluse ci sono le milanesi. Il calvario di Inter e Milan sembra non avere fine e trovare pace; la squadra del patron Thohir ha già cambiato la guida tecnica a metà del girone di andata, con un Mazzarri senza idee dopo 9 giornate, a cui è costata cara la sconfitta interna per 1-4 contro il Cagliari che ha aperto uno strappo fra allenatore, società e tifosi. Una vecchia conoscenza di quella panchina riprende in mano l’Inter. Il Mancini bis ha saputo trovare la quadratura del cerchio e rilanciato uomini chiave nello scacchiere nerazzurro, ma se il livello di gioco è nettamente migliorato, la squadra continua a stentare da un punto di vista dei risultati (nonostante gli importanti esborsi economici fatti in sede di mercato di riparazione dalla dirigenza) che non arrivano, con una media punti addirittura inferiore a quella di Mazzarri. Se i nerazzurri sono ancora in lotta sia in coppa Italia che in Europa League (la cui conquista, da questa stagione, significherebbe accesso ai gironi della prossima Champions League) molto peggio stanno i cugini rossoneri. Lontani dalla vetta 23 punti, senza giocare le coppe, hanno subito anche l’eliminazione dalla coppa nazionale. I problemi del Milan partono da una dirigenza impossibilitata a fare investimenti economici importanti, con una rosa con l’età media più alta, passando per l’allenatore inesperto e a rischio esonero. Non vi è la benché minima idea di un progetto tecnico, si continuano a cercare in fase di mercato calciatori a parametro zero o occasioni low cost sempre in prestito. Nell’era Berlusconi i Milan peggiori sono quelli che hanno visto alla guida tecnica coloro che sono stati dei grandi calciatori e che hanno conquistato con la maglia rossonera tutto quello che c’era da vincere. Inzaghi si sta bruciando ancor prima di iniziare la sua carriera di allenatore, anche questa scelta è sembrata azzardata fin dall’inizio, vista anche la totale inesperienza di super Pippo che aveva allenato solo il settore giovanile. Continuando così l’ex 9 rossonero rischia di rovinare quanto ottenuto da calciatore ed essere ricordato come il peggior allenatore della storia rossonera recente.
Impossibile non citare la Sampdoria del patron Ferrero, un personaggio che ha portato, in un campionato che si distingue spesso per le polemiche, una ventata di simpatia e leggerezza alle quali non eravamo più abituati; speriamo che anche lui non venga risucchiato nel vortice e che continui a vedere il calcio per quello che dovrebbe essere, cioè uno sport che dovrebbe unire e non dividere.

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