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L’arte a lutto: la creazione dell’uomo deflagrata dall’uomo stesso e dall’ambiente

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La morte dell’arte. È il 2015 e stiamo assistendo ogni giorno a distruzioni di ogni genere. L’arte mortificata, l’arte devastata dall’Isis e come se non bastasse in queste ore si è assistito anche all’addio dell’arte in Nepal a causa di un terremoto che ha spezzato vite e ha distrutto la rappresentazione di ciò che l’uomo è stato in grado di creare nei secoli. Era il 1832 quando la torre Dharahara fu fatta costruire dal primo ministro Bhimsem Thapa. Fu disegnata come un minareto, era una torre di guardia e l’ultimo piano era dedicato al piccolo tempio di Shiva. Uno dei balconcini spesso si illuminava e faceva sembrare la torre come una navicella intenta a volare in cielo. La Dharahara aveva una “sorella”, era più alta ma fu danneggiata nel terremoto del 1834. Dopo cento anni furono distrutte da un terremoto e il Governo decise di ricostruire Dharahara, mantenutasi in uno stato migliore. Oggi è caduta anche lei. L’architettura in Nepal è caratterizzata da grossi conci di mattoni, dal legno e dal rame. Tutti i templi sono rivolti a divinità. Il terremoto di sabato ha portato con sé gli edifici della piazza del Durbar, come il palazzo dei Malla di Latitpur che sarebbe sbriciolata. Il centro è devastato, le aree del patrimonio mondiale Unesco mortificate. Anche il vecchio centro di Kathmandu ha subito gravi danni, compreso il Kasthamandap, il tempio dedicato al semidio dello yoga indiano Gorakhnath, da cui la città prende il nome. Inconfondibile con i suoi tre ordini di tetti a pagoda, fu costruito nel XVI secolo completamente in legno, senza viti né chiodi, come il ponte Sublicio nell’antica Roma. Non si hanno ancora molte notizie sul tempio di Shiva, caratteristica turistica predominante del luogo nella sua forma del dio degli animali. Il tempio è anche attrattiva di molte visite ed escursioni e come molti monumenti locali è stato distrutto e ricostruito più volte in passato. Oggi del suo stato si sa ancora poco. Sembrerebbe compromesso anche il Singha Durbar, il palazzo degli ultimi monarchi. È eretto in uno stile quasi italiano, maestoso all’esterno, la maggior parte degli spazi interni sembrano tane di conigli. Un susseguirsi di perdite, quindi, a cui nessuno avrebbe voluto assistere.

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