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Macbeth ~ L’illegittimità del potere

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Dai testi di Shakespeare il cinema attinge a piene mani. Ai manufatti passionali di giganti come Laurence Olivier e Orson Welles fecero seguito opere più formali (Zeffirelli ne sa qualcosa), fino a quando Kenneth Branagh con Enrico V (1989) non ridestò l’interesse per il Bardo: da allora, accanto alle versioni più o meno rigorose di tragedie e commedie del grande e misterioso autore inglese vissuto tra il XVI e il XVII secolo, cominciarono a proliferare riletture “modernizzate” di Romeo e Giulietta, Riccardo III o Amleto. Se la prosa del loro autore non trattasse egregiamente di argomenti eterni come la corruzione e l’inganno insiti nell’animo umano, dalle sue sapide opere non discenderebbero tanti film.

Una premessa sufficiente a capire cosa abbia spinto l’australiano Justin Kurzel, poche e misconosciute esperienze alle spalle, ad accettar la sfida di girare una nuova versione di Macbeth, pièce crudele sulla quale si erano già cimentati appunto Welles e Roman Polanski. L’incipit sembra all’insegna del classicismo, “sporcato” da uno stile cruento sdoganato da opere storico-fumettistiche come 300. Man mano che si procede, tuttavia, il ritmo sembra venir meno e le idee, al di là del pregiato lavoro scenografico, iniziano a scarseggiare. Così, dopo che il valoroso generale al centro della scena, uscito vincitore da un arduo scontro con i ribelli che insidiavano il trono di Scozia, s’imbatte nelle streghe che gli predicono un’apparentemente luminosa “carriera” (ai titoli guadagnati in battaglia seguirà presto un’incoronazione, ma non una nobile stirpe, che invece spetterà al fedele amico Banquo) e si prepara a una discesa morale in piena regola, a base di colpi bassi sobillati dall’addolorata (per la perdita di un figlio) e perfida consorte, tendente a soffocare qualsiasi rigurgito di coscienza dell’uomo, l’interesse tende ad affievolirsi nella cupezza della messinscena. La visione d’insieme permane accattivante, perché dopotutto è di filosofia che si parla: quanti avvenimenti sono legati a un fato ineluttabile (al quale si tenta di contravvenire solo nei risvolti sconvenienti) e quanto invece dipende dall’ambizione e dalla sete di potere (che portano alla follia, al disfacimento) dei protagonisti? Sono temi che affiorano idoneamente, e questo conta. Straniscono piuttosto le prove dei navigati Fassbender, concentrato sulle facce feroci, e Cotillard: la sua Lady Macbeth, in particolare, è “implosa” al punto di apparire leggermente sottotono. Il che conduce ad apprezzare maggiormente le performance di Paddy Considine, sodale tradito, David Thewlis, re ingenuo, e soprattutto Sean Harris, ossia il fiero Macduff.

Macbeth (GB/Francia/USA, 2015) di Justin Kurzel con Michael Fassbender, Marion Cotillard, Paddy Considine, David Thewlis, Sean Harris

Di  Massimo Arciresi

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KKKKK
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