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Per la Cassazione non è mobbing la semplice dequalificazione del lavoratore

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Non è mobbing la semplice dequalificazione del lavoratore dipendente. Lo ha deciso la Corte di cassazione (sentenza 6079 del 2021), precisando che per configurarsi il mobbing occorre la presenza di altre condotte datoriali “frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione”.

E’ noto infatti che il mobbing rientra tra le situazioni potenzialmente dannose per i lavoratori e non tipizzate in atti normativi specifici. Esso comunque – come delineato anche da varie sentenze dei giudici – è un complesso fenomento consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori posti in essere dal datore di lavoro o dai superiori protratti nel tempo e caratterizzati da intento persecutorio e di emerginazione, finalizzati all’obiettivo di escludere la vittima dal gruppo. Per cui, ha ora ricordato la Corte suprema, non basta la semplice dequalificazione del lavoratore perché possa parlarsi di mobbing.

Ciro Cardinale

CS

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