Economia e Lavoro

Seminario di studi: La prevenzione delle infiltrazioni mafiose nella economia legale – le interdittive del Prefetto e le sue fonti di conoscenza

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Palermo: “Offrire un contributo conoscitivo, sulla nuova legislazione e  sui nuovi scenari di stretta collaborazione tra autorità prefettizia e autorità giudiziaria, nella materia delle informative antimafia, ed in questo quadro, su due anni di attività delle Prefetture della Sicilia”.

Questa l’idea che sta alla base dell’iniziativa odierna, illustrata dal Prefetto nel suo saluto introduttivo.

“Con l’adozione di un provvedimento interdittivo le Prefetture si attestano baluardo di legalità e di difesa dell’economia legale dagli assalti speculativi della mafia”, ha dichiarato il Prefetto, specificando che  “l’esperienza maturata in questi anni dalle Prefetture consente di poter affermare, senza il timore di essere smentiti, che il sistema della documentazione antimafia si è rivelato uno straordinario strumento di prevenzione amministrativa,  volto a garantire i pubblici appalti di lavori e forniture, i commerci, le concessioni di beni demaniali e le erogazioni di danaro pubblico dall’assalto della mafia, e non solo in ambiti territoriali di origine del fenomeno mafioso, sia esso cosa nostra, ndrangheta, camorra, ma anche in regioni un tempo immuni, o ritenute tali, da presenze  della malavita organizzata mafiosa.”

“Determinante, prezioso, insostituibile organo di supporto” ha proseguito il Prefetto “è il Gruppo Interforze, costituito per disposizione dello stesso  Prefetto,  che vede lavorare insieme un dirigente prefettizio con funzioni di coordinamento, un dirigente della Polizia di Stato, ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, nonchè un rappresentante della DIA; un gruppo di lavoro chiamato ad approfondire quelle situazioni che appaiono presentare maggiori elementi di criticità.

Il lavoro del Gruppo Interforze rappresenta un concreto esempio di valorizzazione del noi tra le diverse competenze dell’apparato di sicurezza dello Stato, un lavoro di squadra che garantisce la circolarità delle informazioni, valorizzandone il contenuto e la ricerca di ulteriori spunti informativi.”

“I Prefetti della Sicilia dialogano sui temi della sicurezza, confrontandosi sulle fenomenologie criminali che si manifestano nei rispettivi territori. Anche le interdittive antimafia costituiscono occasione di scambio di valutazioni per coerenti azioni preventive. Per questo è utile fornire il dato relativo a due anni di attività.”

Risultano pervenute alle Prefetture  della Sicilia negli anni 2017 e 2018                        complessivamente n. 82.071  richieste di documentazione antimafia ai sensi del d.lvo 159/2011 e s.m., tra comunicazioni, informazioni ed iscrizioni nell’albo provinciale dei fornitori   ( White list).

Negli anni 2017 e 2018  sono stati emessi n. 399 provvedimenti interdittivi, con una percentuale dello 0.5%

Dall’esame delle interdittive, è stato possibile offrire un contributo per un’ulteriore conoscenza degli ambiti di attività economica in cui si intercetta il pericolo dell’infiltrazione mafiosa nonché delle nuove frontiere di nascondimento della mafia nell’economia legale.

“Le informazioni interdittive del Prefetto sono la frontiera più avanzata e preventiva della tutela di valori costituzionali rilevantissimi.”

Questo l’incipit dell’intervento del Presidente della II Sezione del Consiglio di Stato, Franco Frattini che, nell’introdurre i lavori della prima sessione del Seminario, ha tracciato il quadro dei principi che sottendono all’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, facendo, al riguardo, espresso richiamo ai valori tutelati dall’art.41 della Costituzione che individua nella sicurezza, libertà e dignità umana gli unici limiti alla libertà dell’iniziativa economica, che in nessun modo possono essere mortificati dalla infiltrazione mafiosa nell’economia.

Il Presidente Frattini ha inoltre evidenziato come “la minaccia dell’infiltrazione mafiosa nell’economia sia asimmetrica in quanto espressione di un fenomeno contaminante mutevole”. Per questo motivo, qualsiasi casistica non può mai essere esaustiva del vario atteggiarsi di siffatta potenzialità contaminante e non è possibile imbrigliare il provvedimento prefettizio in una eccessiva tipizzazione.

Per questa stessa ragione, “sarà granitica” ha proseguito il Presidente Frattini “da parte del Consiglio di Stato la difesa del principio del c.d. “più probabile che non”, elaborato nella propria giurisprudenza, che definisce la natura probabilistica del giudizio formulato dal Prefetto nell’adottare un’interdittiva, un giudizio fondato sui fatti ma diverso per sua natura dalla prova che si forma in ambito penale”.

Il Presidente Frattini ha quindi concluso il suo intervento sottolineando il valore aggiunto costituito, nell’azione di contrasto alle mafie, dalla sinergia tra Magistratura amministrativa, Magistratura ordinaria, Prefetti e Forze dell’Ordine, così ben rappresentata dalla giornata odierna.

Il Consigliere di Stato Massimiliano Noccelli ha, quindi, sviluppato il suo intervento facendo il punto sulla elaborazione giurisprudenziale del Consiglio di Stato concernente il quadro indiziario sintomatico dei tentativi di infiltrazione mafiosa, su cui si fonda il giudizio probabilistico formulato dal Prefetto, sulla base di fatti specifici e concreti, cui è comunque estraneo lo strumentario concettuale del livello probatorio penalistico. “Anche perché ciò” ha sottolineato il Consigliere Noccelli “sarebbe in contrasto con la ratio anticipatoria del diritto della prevenzione cui appartiene l’istituto della informazione prefettizia antimafia”.

Analogo focus ha quindi dedicato agli effetti estensivi delle informazioni antimafia alle attività economiche private soggette ad autorizzazione di seguito alla introduzione dell’art. 89 bis nel codice antimafia nel 2014, stabilendo un principio di comunicabilità tra i due istituti della informazione e della comunicazione e spingendosi a negare statuto di operatore economico a chi è inquinato. Sicchè l’interdittiva non è soltanto difesa della contrattualistica pubblica ma anche tra operatori economici privati.

E’ quindi intervenuto il Presidente del TAR Calabria – Catanzaro, Vincenzo Salamone che ha effettuato una attenta disamina delle misure previste dal legislatore negli articoli 32 comma 10 del D.L. 90/2014 e 34 bis del Codice Antimafia, rispettivamente commissariamento e controllo giudiziario delle imprese, volte a mitigare gli effetti delle informazioni prefettizie di natura interdittiva sui rapporti contrattuali, e soffermandosi in particolare su aspetti tecnici e problematiche interpretative della norma.

Quindi il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, ha introdotto i lavori della seconda sessione del Seminario, svolgendo in apertura una panoramica sulle misure di prevenzione cardine del contrasto alla criminalità, e nel sottolineare come la prevenzione e la repressione, a livello provinciale, siano due binari paralleli, ha evidenziato l’importanza della cultura della condivisione delle conoscenze, all’interno del sistema Stato, nell’azione di contrasto alle mafie.

In tale contesto, ha inoltre valorizzato l’istituto dell’informazione antimafia anche come efficace strumento di conoscenza di un territorio, che, anticipando la soglia di intervento, offre all’Autorità Giudiziaria spunti importanti per l’analisi del contesto, suscettibili di proiezione.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia, Marco Mescolini ha, quindi, illustrato le caratteristiche e le dinamiche proprie della presenza della ‘ndrangheta in Emilia, che è difficile poter ricondurre al concetto di infiltrazione silente dal momento che, sin dall’arrivo, nei primi anni 80, del vecchio boss di Cutro Antonio Dragone, inviato colà al confino, i sodali del boss che lo accompagnavano erano pienamente riconosciuti e riconoscibili nella loro dimensione criminale, e se ancora, nel 2012/13, imprenditori di spicco si rivolgevano, compiaciuti, per il recupero crediti, ad esponenti di spicco della ‘ndrangheta residenti in provincia, proprio in considerazione della loro apprezzata  identità criminale e del loro relativo potere. In tale condizione la criminalità mafiosa è essenzialmente criminalità economica, e sono stati all’epoca proprio i provvedimenti interdittivi del Prefetto De Miro, ha proseguito il procuratore Mescolini, a suscitare la reazione corale dell’intero gruppo consentendo di valutarne, anche ai fini giudiziari, l’unitarietà. “Seppure lo strumento dell’interdittiva non riguarda la commissione del delitto, l’adozione di una interdittiva esprime un principio di civiltà a difesa della libera espressione del mercato e della collettività”

Quindi ha fatto seguito l’intervento del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, il quale si è soffermato sul nuovo istituto del controllo giudiziario,  che prevede l’attivazione da parte della ditta interdetta su istanza dello stesso imprenditore, qualora abbia impugnato il provvedimento prefettizio, e che esprime l’orientamento verso una delega all’A.G. del sistema sostitutivo dei controlli, segnalandone l’attuale fallimento per le difficoltà applicative di un istituto i cui presupposti orienterebbero viceversa all’adozione di una misura di prevenzione.

Ha concluso i lavori l’intervento del Procuratore Lo Voi, il quale, nel sottolineare che una forma di coordinamento e di dialogo collaborativo appare indispensabile, auspica interventi legislativi unitari, per evitare sovrapposizioni di iniziative per ambiti differenti di competenza  e tenuto conto dei limiti del riserbo istruttorio.

CS

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