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Consegnato un nuovo bene confiscato alla mafia. Trova casa una famiglia con 5 bambini


Sui loro visi c’è finalmente un sorriso. Un sorriso grande e dal quale si può leggere anche la voglia di serenità, da anni ricercata e adesso giunta grazie ad un piccolo oggetto in ferro: una chiave. Una chiave che permetterà ai coniugi Aruta e Barale e ai loro cinque figli di poter avere finalmente in tetto sotto cui vivere tranquillamente. Una casa tutta per loro. Un focolare domestico dove ritrovare quelle atmosfere e quella condivisione di momenti che solo in una famiglia si possono vivere.

Anni di attesa, di mancanza di un lavoro e un figlio con una grave disabilità, nato con un solo rene che non funziona al 100 percento. Aruta e Barale hanno dovuto affrontare uno sfratto esecutivo, traslochi in abitazioni provvisorie ed infine la vita in roulotte con 5 figli. Tutto questo per tanto tempo ma oggi, finalmente, hanno ricevuto l’appartamento n.46 confiscato alla mafia, affidato al Comune di Palermo e da questo passato alle famiglie che ne hanno più bisogno.

“E nei prossimi giorni consegneremo altri 10 appartamenti – annuncia Giusi Scafidi, presidente della Quarta Commissione Consiliare Emergenza abitativa e Politiche sociali. – Ciò dimostra come aver rivisto il regolamento e aver snellito le pratiche burocratiche stia agevolando i senza casa e l’assegnazione dei beni confiscati per contrastare il loro problema, che è un problema di tutti, della nostra città e dell’amministrazione. Un ringraziamento per tutto questo va al Sindaco Orlando, che ha mantenuto il suo impegno nel velocizzare il lavoro degli uffici preposti e che sta continuando su questa strada”.
Ma, ricorda Scafidi, resta importante un altro aspetto. Accorciare i tempi di attesa sta risolvendo i problemi di numerose famiglie, ormai più di 50, ,ma resta importante informarsi e documentarsi in maniera adeguata.
“Per questo motivo è indispensabile il dialogo tra politica e cittadini – continua Scafidi – Ho conosciuto la storia della famiglia Aruta e Barale per caso, e loro non sapevano che potevano avere la priorità nell’assegnazione delle case per via della presenza di un figlio con grave disabilità nel loro nucleo familiare. Seguendo le regole e le condizioni, che loro inizialmente non conoscevano bene, hanno potuto dare ai loro bambini una sistemazione finalmente più dignitosa e adeguata ai problemi di salute che devono affrontare tutti i giorni”.
Com. Stam.

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