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FILM: Dogman ~ La vera vita da cani

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All’opera nona Garrone si conferma autore da citare non a sproposito quando si parla del cinema italiano che conta oggi. Il regista romano inscena un vecchio copione, un tempo intitolato L’amico dell’uomo e più volte rimaneggiato dai co-autori Ugo Chiti e Massimo Gaudioso, intanto proposto ad attori quali Benigni e Ceccherini e basato – assai liberamente – su un cruento delitto di 30 anni fa, oggetto pure dell’imminente Rabbia furiosa.

Il mite carattere principale, esperto di toelettatura di cani e non estraneo a complicità in rapine e spaccio di droga, è affidato a Marcello Fonte (sullo sfondo di Io sono tempesta), fisico gracile e voce dimessa, perfetto e premiato a Cannes. La bottega del suo omonimo personaggio, gestita amorevolmente (basta notare in che modo si rivolge alle bestiole, le accudisce o le porta a spasso) e la cui insegna dà il titolo al film, si trova in una a dir poco degradata periferia laziale (riprodotta però in Campania), tanto che ci si domanda perché – ma è parte del gioco – un simile esercizio prosperi, anche solo relativamente, in un paesaggio del genere. D’altronde, il paziente “estetista” gareggia in prestigiosi concorsi di bellezza canina. Ciò che incuriosisce è che, eccettuata una disastrosa circostanza, i padroni dei quattrozampe sono defilati, quasi che la clientela animale fosse eloquentemente priva di intermediari, a sublimare la sospesa dimensione privata del protagonista.

Marcello ha una figlia che adora (e un’ex-compagna, pure lei sapientemente seminascosta: spiegarle i pestaggi subiti o cosa lo ha portato a trascorrere un anno in gattabuia – si sorvola perfino sulle sicure tribolazioni della reclusione – appesantirebbe la narrazione); con lei pianifica immersioni vacanziere, è un boccaporto aperto a una vita diversa. Infatti, per quanto sia benvoluto dal suo decadente vicinato (dal gioielliere ricettatore che lo gabba al gestore di videopoker che lo tollera), il “canaro” sa di non essere del tutto accettato (il finale disperatamente allucinato lo sottolinea). Il problema più grosso riguarda la sconsigliabile frequentazione del mal sopportato, anzi odiato Simone (l’incredibile Pesce), ottuso, brutale, ingovernabile bullo di quartiere che lo coinvolge in situazioni pericolose e lo sottomette. Ciononostante l’uomo-cane continua a difendere questo cane-uomo, spera di domarlo al pari dei botoli scarsamente socievoli che lava ogni giorno (l’incipit anticipa l’evento cruciale). Una vana difesa a oltranza che ricorda quella del ben più autorevole Charlie nei confronti di Johnny Boy in Mean Streets. Incisivo Aniello Arena (Reality) nel ruolo dello schietto poliziotto.

Dogman (Italia/Francia, 2018) di Matteo Garrone con Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Francesco Acquaroli, Adamo Dionisi, Aniello Arena

Massimo Arciresi

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