Oggi, 26 aprile, è San Cleto Papa. Il 26 aprile di ogni anno l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale celebra il “World Intellectual Property Day” per far capire come i diritti di proprietà intellettuale incoraggino l’innovazione e la creatività.
La giornata cade il 26 aprile di ogni anno perché in quel giorno, nel 1970, entrò in vigore la convenzione sulla proprietà intellettuale che istitutiva l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale. L’OMPI è, dal 1974, l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite con sede a Ginevra istituita con la Convenzione di Stoccolma nel 1967, per incoraggiare l’attività creativa e promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo.La proprietà intellettuale si riferisce alle creazioni della mente, come invenzioni, opere letterarie e artistiche, disegni e simboli, nomi e immagini usati nel commercio. Prendendo spunto da questa giornata dedicata alla WIPO, potrà un domani, neanche tanto lontano, l’Intelligenza artificiale fare concorrenza all’essere umano nel realizzare foto, articoli e addirittura sceneggiature di film?
« Dal punto di vista dei diritti dei lavoratori non va bene che i più grossi sistemi dell’Ia pubblichino qualunque tipo di contenuto, rielaborato a partire da idee di altri, senza curarsi di attribuire la paternità del file originario. Questo è grave per noi autori di fumetti, per esempio. Dall’altro lato, però, vedo interessanti prospettive dal punto di vista creativo. Poniamo che io organizzi un dataset inserendo solo i miei disegni. Il software potrebbe rielaborare il tutto e fornirmi nuovi spunti per creare contenuti che non violerebbero alcun diritto perché ho deciso io di utilizzare il mio materiale. Bisogna quindi risolvere i problemi di attribuzione della proprietà intellettuale dal punto di vista normativo a livello mondiale perché la rete non è solo italiana» sostiene Claudio Calia, noto webmaster e fumettista della casa editrice BeccoGiallo. «In tutto il mondo manca una normativa che regoli questa nuova materia ma noi italiani siamo più sensibili di altri perché,
storicamente, abbiamo inventiva ma scarsa capacità di tutela – commenta Andrea Pin, docente coordinatore del corso di laurea triennale in Diritto e tecnologia dell’Università di Padova – Questo è già il terzo anno di corso, siamo stati i primi in Italia a istituirlo e adesso ci “copiano” in altri atenei, indice che l’argomento interessa. I problemi legati all’Ia sono due: il primo, quello più noto, è che i software utilizzano dati trovati in rete che spesso non rispettano la proprietà intellettuale; il secondo problema riguarda la proprietà dei nuovi contenuti: sono o no tutelabili, visto che sono stati creati da un software? A livello mondiale le sentenze sono contrastanti».
di Paola Bonacina