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“the GAME is OVER ” (Foto)


“the GAME is OVER ”perdere il gioco, terminare una partita, chiudere una mano, recitare in un ruolo, competere in una finzione, sono tutte attività umane di vinti e vincitori, giocatori che da Bartolo Chichi – Art & Photo Gallery, sono stati interpretati come combinazioni vitali immaginifiche

La parola “G(IO)CO” include il pronome “IO”, come un anagramma da generare e ripetere. Termine complesso che rappresenta la dualità tra l’io e gli altri, intesi come parte

integrante e dinamica del gioco. Giocatori e avversari fuori o dentro di noi.

 

Giocare, è un’attività naturale e ludica dell’uomo, la più antica, perché si ricollega all’infanzia e alla storia. Da Bartolo Chichi – Art & Photo Gallery, il gioco procura piacere agli occhi e all’anima di tutti coloro che non sempre acquisiscono la consapevolezza di quanto sia importante svagarsi e divertirsi.

 

“Gli uomini, non soltanto alla roulette ma ovunque, non fanno altro che togliersi o vincersi qualcosa reciprocamente”.

 

Fëdor M. Dostoevskij nel “Il Giocatore“ crea i personaggi più amati/odiati della letteratura, come se il gioco fosse un lavoro e una professione e dove il giocatore si trasforma in una persona che si identifica con le sue caratteristiche personali e caratteriali.

Il gioco come specchio dei nostri desideri, schiavi di un piacere.

“the GAME is OVER” si inserisce dentro gli studi sociologici, che ci indicano come il gioco possiede diverse prospettive culturali e filosofiche, nel nostro caso la collettiva fotografica prende atto dell’approccio artistico.

Nel 1924 il regista francese René Clair dirige un film dal titolo Entr’acte, un culto per l’avanguardia dadaista. Una scena di questo intervallo, mostra due grandi artisti Marcel Duchamp e Man Ray che giocano una partita a scacchi su una terrazza e da questa scacchiera si riversano diverse immagini che alla fine rovesciano le pedine nello spazio circostante.

Per Marcel Duchamp il gioco degli scacchi è arte, come concetto mentale alto e altro. Dopo di lui il mondo dell’arte si è trasformato in una grande opera concettuale, tra performance e ready-made.

Quando guardiamo non è in gioco solo il semplice vedere, il nostro sguardo che osserva, indaga e investe attraversa tutte quelle molteplici esperienze percettive che ci traslitterano tutti gli schemi concettuali e mentali inconsci e subconsci.

L’esperienza visiva secondo la poetica di Duchamp ritrova nel subconscio, quanto nel gioco, la sospensione del giudizio e dell’humor, l’artista stesso per un lungo periodo della sua vita si è dedicato professionalmente al gioco degli scacchi, considerandoli, superiore a qualsiasi altra attività artistica.

“L’arte ha in comune col gioco la libertà e il disinteresse” sosteneva Immanuel Kant alla metà del ‘700 e nel 1939, lo storico olandese John Huizinga nel suo celebre saggio Homo

ludens scriveva:

“Il gioco è un’azione libera, conscia di non essere presa sul serio e situata al di fuori della vita consueta che nondimeno può impossessarsi totalmente del giocatore; azione a cui in sé non è congiunto un interesse materiale, da cui non proviene vantaggio e suscita rapporti sociali che facilmente si circondano di mistero o accentuano mediante travestimento la loro diversità dal mondo solito”.

“L’arte del Gioco – Da Klee a Boetti” è stata una collettiva al Museo Archeologico Regionale – di Aosta, del decennio scorso, in quel caso, ma anche nella nostra collettiva fotografica, il fine ultimo è quello “di dimostrare come il gioco non sia semplicemente uno strumento, ma un sistema di pensiero in grado d’imporre una logica alternativa rispetto a quella tradizionale”.

I nostri fotografi Barone Ezio, Battello Ivana, Chinnici Lavinia, D’Arrigo Giuseppe, Di Mora Francesco, Favia Carmelo, Sangregorio Silvia e Vitale Francesco hanno regolato i loro

obiettivi verso tutte quelle attività competitive atte a fornire all’uomo approcci sportivi e mentali, altri verso tavoli di tappeti verdi, gioco d’azzardo per eccellenza, dove il rischio si corre per la riuscita di una buona mano.

Altri hanno giocato dei ruoli provocatori ed estremi, interpretato della maschere come su un palcoscenico gremito di spettatori, altri ancora consapevoli dell’irrealtà “gioco” hanno

viaggiato nel tempo e sono ritornati bambini alla ricerca della felicità e di un sorriso tra bolle di sapone, bambole e costruzioni lego, dove tutti gli aspetti della personalità si incontrano per costituire l’evoluzione dell’affettività e dell’equilibrio.

Nel gioco ci sono delle regole da seguire, spesso il tempo e lo spazio sono ben delimitati, per evitare che l’uomo possa perdersi in un inganno e restare ingabbiato da schemi ripetitivi, compulsivi e patologici.

Nuove dipendenze psicologiche e comportamenti a rischio spesso si trascinano senza stop nella nostra società odierna, per questo abbiamo guardato e abbiamo provato a dare nuovo volto al gioco, ma comprendendone la fine, ovvero il nostro Game Over, quando la partita finisce alzarsi e riprendere a vivere. Arricchiti di una nuova irrealtà.

Con questo incipit vi invitiamo a raddoppiare la posta e a lanciare una coppia di dadi immaginari da Bartolo Chichi – Art & Photo Gallery, chissà che un accadimento così aleatorio, non vi porti la Dea Bendata a bussare alla vostra porta.

 

Maria Rita Chichi

KKKKK
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