Salute

TRAPIANTO DI MENISCO CON PROTESI MENISCALE BIOLOGICA

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Il menisco è un’importante struttura fibrocartilaginea, posta all’interno dell’articolazione del ginocchio, di forma semilunare. In ogni ginocchio è presente un menisco interno (mediale) ed uno esterno (laterale), interposti tra il femore e la tibia. Queste due strutture contribuiscono ad una migliore distribuzione del peso corporeo con conseguente riduzione dello stress sullo strato di cartilagine che ricopre le superfici articolari. Le lesioni traumatiche del menisco sono molto frequenti, soprattutto in soggetti giovani e sportivi, e sono generalmente provocate da un trauma acuto; queste lesioni vanno distinte da quelle degenerative, che non conseguono ad un evento traumatico, e si verificano soprattutto dopo la quarta decade di vita.

Numerosi studi sull’anatomia e sulla biomeccanica sia del ginocchio che del menisco hanno dimostrato la funzione essenziale che il menisco svolge per il mantenimento dell’integrità funzionale del ginocchio nel tempo. I menischi hanno infatti numerose ed importanti funzioni: trasmettono i carichi, contribuiscono alla stabilità̀articolare, migliorano la congruenza articolare, hanno funzioni propriocettive (la propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli), ed assorbono gli shock legati alle attività della vita quotidiana ed alle attività sportive. E’ ormai noto come l’asportazione totale ma anche parziale (come accade con le tecniche artroscopiche) del menisco aumenta il rischio di artrosi del ginocchio. La meniscectomia, infatti, porta ad una diminuzione della superficie di contatto fra femore e tibia, con un incremento fino al 235% della pressione esercitata dal peso sulle piccole aree di contatto. Le conseguenze cliniche della meniscectomia totale sono ben conosciute, con importanti cambiamenti di natura degenerativa in un’alta percentuale di pazienti. Mentre il rischio conseguente alla meniscectomia parziale è meno chiaro. In generale, diversi studi hanno documentato da buoni ad eccellenti risultati in una percentuale che varia dal 80% al 95% dei pazienti nei primi 5 anni dopo la meniscectomia parziale. Tuttavia, studi a più lungo termine hanno evidenziato che in un certo numero di pazienti si sviluppano alterazioni di artrosiche in seguito ad una meniscectomia parziale. I fattori che influenzano il rischio di artrosi includono il compartimento coinvolto (l’asportazione del menisco esterno determina una maggiore gravità delle alterazioni della cartilagine articolare), la quantità di menisco asportato (maggiore è la resezione, maggiore è il rischio di artrosi), il tipo di lesione.

Attualmente il trapianto di menisco può essere considerato come una possibile tecnica per prevenire, o quanto meno minimizzare, le successive alterazioni artrosi che si osservano in ginocchia nelle quali è stato asportato il menisco.

I primi studi effettuati su ginocchia umane risalgono alla fine degli anni 80 primi anni 90 (Milachowski 1988, Garret 1991). Quello che dunque è iniziato come un approccio innovativo sperimentale si è evoluto in una tecnica assistita artroscopicamente riproducibile, che, quando correttamente indicata ed applicata, conduce a prevedibili buoni risultati in oltre il 90% dei casi. Quindi, il trapianto di menisco è diventato una tecnica importante nel trattamento clinico di pazienti sintomatici dopo meniscectomia.

Oltre ai trapianti di menisco provenienti da donatori, è oggi possibile utilizzare anche delle protesi meniscali.

Le protesi meniscali sono dei sostituti, di derivazione naturale o prodotti in laboratorio, del tessuto meniscale. Attualmente sono disponibili protesi ricavate da collagene di bovino o direttamente prodotte in laboratorio a base di poliuretano che, una volta impiantate, vengono riabitate dalle cellule del paziente che provengono dal tessuto meniscale residuo. L’impianto della protesi meniscale avviene per via artroscopica, mediante una sutura della protesi al tessuto meniscale sano residuo, ed è indicato solitamente quando il paziente ha perso più del 50% del tessuto meniscale.

La tecnica di reimpianto del menisco, danneggiato in modo irreparabile o asportato chirurgicamente in un intervento precedente, rappresenta dunque un’opportunità importante per molti pazienti. I risultati disponibili dimostrano infatti un notevole miglioramento della sintomatologia dolorosa nell’immediato e della possibilità di preservare più a lungo l’integrità anatomica articolare.

Analizziamo dunque quali siano le indicazioni correnti e quale possa essere il candidato ideale per questo tipo di intervento.

La prima e più comune indicazione è rappresentata dalla presenza di dolore nel compartimento affetto da insufficienza meniscale per una precedente meniscectomia che non ha risposto ai trattamenti conservativi. Il ginocchio non deve presentare alterazioni dell’asse di carico, deve essere stabile e non avere lesioni cartilaginee gravi (accettabili lesioni cartilaginee di I-II grado secondo la classificazione di Outerbridge. (I° Rammollimento a cartilagine intatta; II° Fibrillazioni e fissurazioni con lesione di dimensione inferiore ad 1 cm)

Il paziente deve capire ed accettare i rischi associati al trapianto e la relativa insicurezza a lungo termine della capacità del menisco di proteggere il ginocchio dalla degenerazione articolare e deve essere in grado di aderire al regime postoperatorio di carico protetto.

La seconda e più comune indicazione al trapianto è rappresentata dal paziente sottoposto a ricostruzione del legamento crociato anteriore in cui il deficit meniscale contribuisca al dolore ed all’instabilità.

Studi teorici e pratici hanno mostrato che alcuni pazienti presentano una lassità che non può essere adeguatamente ricostruita soltanto attraverso la ricostruzione legamentosa.

In questo gruppo di pazienti il trapianto meniscale e la ricostruzione legamentosa permettono di ottenere una maggiore stabilità ed una migliore funzionalità del ginocchio.

Esistono naturalmente anche delle controindicazioni a questo tipo di intervento. Assoluta controindicazione al trapianto di menisco si ha per pazienti in cui i sintomi non sono dovuti ad insufficienza meniscale. In questi casi il dolore non è localizzato o causato da deficit compartimentale. La controindicazione più comune è la presenza di una significativa patologia cartilaginea nel compartimento affetto. Studi recenti hanno mostrato il legame evidente tra lo stato della cartilagine articolare ed il risultato successivo al trapianto.

In generale, la presenza di degenerazioni osteocondrali più importanti del III grado di Outerbridge (Fibrillazioni e fissurazioni con lesione di dimensioni superiori ad 1 cm) probabilmente preclude il trapianto. Certamente una lesione di IV grado in cui la cartilagine articolare è completamente scomparsa e l’osso sub condrale (cioè l’osso al di sotto della cartilagine articolare) è esposto, è considerata una situazione che mette a rischio la riuscita del trapianto. Poiché le tecniche di trapianto cartilagineo sono sempre in evoluzione, alcuni chirurghi hanno osservato che, eseguendo il trapianto di cartilagine per lesioni condrali focali di III e IV grado, è possibile eseguire simultaneamente anche il trapianto meniscale.

Altre controindicazioni includono quei pazienti in cui vi siano alterazioni dell’asse di carico del ginocchio, nei quali l’instabilità è persistente o irreparabile, e quei pazienti che hanno aspettative irreali, o non accettano di modificare le loro attività e abitudini nel postoperatorio. Peso, età, e storia di infezioni pregresse sono controindicazioni relative.

L’intervento chirurgico viene eseguito interamente in artroscopia (tecnica chirurgica che permette di osservare l’articolazione del ginocchio attraverso piccole incisioni di circa 1 cm). Durante la prima fase viene eseguita la preparazione del residuo meniscale nel compartimento interessato, cioè viene eseguita una “cruentazione” per permettere una migliore guarigione del trapianto. Dopo la preparazione del residuo meniscale si effettua la misurazione delle dimensioni della zona da trapiantare, si modella quindi la protesi meniscale e dopo averla inserita in articolazione viene eseguita la sutura completa del menisco.

L’intervento necessita di un adeguata fase riabilitativa, ed in particolare il protocollo riabilitativo prevede diverse fasi attraverso le quali il paziente viene riportato all’attività sportiva dopo circa 6-8 mesi dall’intervento chirurgico (a seconda della disciplina sportiva praticata).

FASE I (tempo 0 –II settimana): tutore articolato 0°-20°, carico non concesso e mobilizzazione passiva del ginocchio.

FASE II (II settimana – III settimana): tutore articolato 0°-60°, carico concesso al 20%. Prosegue la mobilizzazione passiva. Comincia la mobilizzazione attiva.

FASE III (III settimana – VIII settimana): tutore articolato 0°-90°, aumento progressivo di carico e mobilizzazione attiva e passiva.

FASE IV: (fino alla XII settimana): catena cinetica chiusa.

FASE V: (dalla XII in poi): catena cinetica aperta.

FASE VI: Ritorno all’attività sportiva a 6/8 mesi dall’intervento.

Naturalmente anche questo tipo di intervento prevede delle complicanze; le più comuni delle quali sono la rottura del menisco trapiantato, il restringimento del trapianto, i sintomi meccanici, la perdita di ancoraggio, la sinovite, i versamenti frequenti, la rigidità articolare, l’infezione ed infine una risposta immune complicanza questa però estremamente rara.

 

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Dr. Luciano Lucania

Specialista in Ortopedia e Traumatologia

Specialista in Medicina dello Sport

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