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Trattativa Stato-Mafia, D’Amico: “Alfano e Schifani sostenuti da Cosa Nostra. Andreotti mandante della strage di Capaci”.

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Emergono nuovi inquietanti scenari sui legami stretti tra la Mafia e lo Stato negli anni delle stragi. La deposizione di ieri mattina del pentito Carmelo D’Amico di Barcellona Pozzo di Gotto, interrogato dai pm del Tribunale di Giustizia di Palermo ha messo in luce degli elementi importantissimi sulla trattativa Stato-Mafia. “Tra i politici che hanno fatto accordi con Cosa Nostra” – riferisce D’Amico dopo aver sentito alcuni colloqui in carcere – “ci sono l’attuale ministro Angelino Alfano e il senatore Renato Schifani, eletti con i voti della mafia. Tutte queste cose me le hanno dette Nino Rotolo e Vincenzo Galatolo. Berlusconi era una pedina di Dell’Utri, Riina e Provenzano e anche dei Servizi. Cosa Nostra ha investito molti soldi su Berlusconi tramite Dell’Utri”.
Il pentito messinese riguardo le minacce di morte recapitate e dichiarate da Riina al pm Nino Di Matteo, dichiara: “Io ero stato incaricato di uccidere il pm. Di Matteo doveva morire e con lui anche Ingroia. Questo mi ha raccontato Rotolo. Ma questi ordini non vengono dalla mafia, bensì da alcuni esponenti dello Stato”. Sollecitato dalle domande del pm Roberto Tartaglia, D’amico ammette la scomparsa di alcuni codici di comunicazione reperiti nel covo di Riina che non dovevano saltar fuori: “Rotolo mi disse che i servizi avevano fatto sparire dal covo di Riina un codice di comunicazione che il boss aveva per comunicare con i suoi uomini politici. Inoltre Provenzano era protetto dal Ros dei Carabinieri e dai Servizi. Lui non si è mai spostato da Palermo e la sua cattura è stata rimandata volontariamente”.
D’Amico davanti al pm Di Matteo, presente nell’aula bunker dove si è svolta la deposizione ammette tutte le sue paure e i pericoli che si celano dietro a queste sue dichiarazioni: “Ho paura a fare nomi e cognomi, sono personaggi potenti che possono arrivare dappertutto, anche in carcere”.
Per la prima volta D’Amico fa i nomi di Dell’Utri, Mancino, Ciancimino, Andreotti e Martelli: “Giulio Andreotti, al tempo Presidente del Consiglio, ha ordinato ad alcuni membri di Cosa Nostra l’uccisione del giudice Giovanni Falcone. Proprio lui ha comandato a Riina di eseguire questa strage perché Falcone era vicinissimo a scoprire i contatti tra Cosa nostra, i servizi e alcuni esponenti dello Stato. Siamo tutti in pericolo, io, lei (riferendosi a Di Matteo), tutti quanti. Ho molta paura per quello che può succedermi. Ma questa è la verità. Chiedo solo protezione per la mia famiglia, ancora a Barcellona Pozzo di Gotto. Voglio che venga protetta. D’Amico conclude la deposizione, aggiungendo: “Per la trattativa hanno preso parte anche grandi pezzi da 90 del Ros e della Polizia. Molti accordi venivano presi in carcere, durante le ore d’aria, tramite un linguaggio dei segni con un preciso codice. Ad ogni gesto corrispondeva un nome ed un cognome”.
La Corte ha deciso il rinvio al 7 maggio, quando sarà sentito in qualità di test, il pentito Vito Galatolo.

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