Editoriale

TUTTI VOGLIONO COMBATTERE LA CORRUZIONE MA NESSUNO LO FA del prof. Vincenzo Musacchio


Oggi, ovunque nel mondo, la maggior parte della gente ha perso la fiducia nei politici e nella classe dirigente (burocrazia). Corruzione, cospirazioni e scandali sono diventati la norma. Molti sono ormai convinti che la politica generi automaticamente corruzione. Tanti si rifiutano di votare, non credendo più che il voto possa portare cambiamenti significativi. Ma occorre evidenziare come ogni cittadino possieda in ogni momento l’autorità per proporre, discutere e decidere le scelte politiche. Questo significa molto semplicemente ridimensionare il potere dei politici e dei burocrati, sminuire, se non addirittura abolire, la loro autorità di decidere per gli altri.
Ogni cittadino ha il diritto di proporre, discutere e votare ciò che lo coinvolge in prima persona. Che poi i cittadini vogliano o no usare questo diritto, spetta ovviamente a loro deciderlo. Io voglio assumermi le mie responsabilità. E sono convinto che da questa assunzione dovrebbe partire l’input contro la corruzione. È pur vero che alcuni sono più responsabili di altri, ma ciò non esime gli altri dall’agire, perché c’è chi può e chi deve. Mi riferisco a chi riveste incarichi pubblici o occupa posizioni di privilegio. La rinuncia ad assumere le proprie responsabilità alimenta la corruzione: tutto nasce da qui. È un fenomeno etico e culturale, prima ancora che politico ed economico. La corruzione sta letteralmente divorando il nostro Paese, tutti a parole vogliono agire, ma nessuno nella sostanza si muove. Ognuno di noi, nel proprio ambito, ha occasione di dire dei no. Chi accetta la corruzione, la pratica o la subisce ha grandi responsabilità sul suo evolversi. Una società corrotta è quella i cui membri non rispondono alla propria coscienza e non rispondono agli altri: sono complici consapevoli. Se l’Italia è la nazione più corrotta d’Europa, siamo tutti in qualche misura responsabili, chi più e chi meno. Se le cose vanno male è perché noi non facciamo nulla di ciò che sarebbe necessario fare. C’è qualcosa, nel modo d’essere e di agire di noi italiani, che ci rende più inclini di altri popoli a infrangere le regole, o quanto meno ci spinge a tollerare con naturalezza che altri lo facciano. Credo che in questi giorni, di fronte all’ennesimo episodio di corruzione endemica, un interrogativo del genere sia doveroso rimarcarlo con forza. Per dirla in modo brutale, siamo un popolo di corrotti o comunque complici o correi dei corrotti. Il nepotismo, i “baronati”, il “familismo immorale” o la scarsa “cultura civica” di noi italiani sono un dato divenuto ormai inconfutabile. Il difetto di etica pubblica e privata di cui soffre il Paese sembra incontestabile. Ma questo riconoscimento e questa assunzione di responsabilità dovrebbe portare a qualcosa di più efficace. Io incomincerei a dare un qualche riconoscimento a quella parte del Paese che le leggi le rispetta. Comincerei a dare valore seriamente e concretamente al merito quasi mai adeguatamente valorizzato dalle istituzioni. In attesa di una rivoluzione etica e culturale, se e quando verrà, che cambi la mentalità degli italiani, i nostri governanti cominciassero a valorizzare chi vive nel rispetto della legge e non chi invece compie qualsiasi tipo di illegalità in assoluta tranquillità. E allora, se, invece di obbligare ogni università ad avere il suo bel piano triennale anticorruzione, si arrestassero ad esempio tutti coloro che hanno distrutto il merito sostituendolo con il puro nepotismo familistico, probabilmente tanti italiani insorgerebbero. perché sentirebbero che lo Stato non li ha abbandonati, che punta su di loro per uscire prima o poi da una impasse fatta di una illegalità e una corruzione accettate, come normalità.

KKKKK
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