Il corto animato che, come d’abitudine, precede l’ultimo, sontuoso lavoro della Pixar si chiama Piper, lo dirige Alan Barillaro e, a parte i toni teneri, rimanda per il lirico realismo del tratto digitale all’altrettanto conciso Il vecchio mulino (1937), fra le tante Silly Symphonies con cui la Disney all’epoca si aggiudicava un Oscar a edizione; un possibile accostamento che non significa originalità, piuttosto scelta di referenti diversi dal solito. Questo per dire che spesso (non sempre) nel mondo a cartoni è più probabile reperire nuova linfa (o sagge rielaborazioni) fra le opere più “compresse”, poiché nei lungometraggi si preferisce andare sul sicuro.
Infatti qui parliamo del sequel (ma definirlo spin-off è più appropriato) di Alla ricerca di Nemo, atteso da molti bambini ormai cresciuti per ben 13 anni (sebbene nella finzione ne sia trascorso soltanto uno), che sfrutta la buffa e simpaticamente snervante peculiarità del miglior comprimario di allora (la premurosa Dory, pesce chirurgo che soffre di perdita di memoria a breve termine) e ci racconta qualcosa del suo passato, quando i suoi genitori, da “infante”, provarono a tutelarla, non riuscendo però a evitare che, alla prima difficoltà, si smarrisse. La pesciolina (magnificamente doppiata in italiano dalla riconfermata Carla Signoris), ora cresciuta, tramite qualche indizio si ricorda all’improvviso di loro e decide incoscientemente di rintracciarli. La accompagnano, con scarsa convinzione e grande affetto, il piccolo Nemo e l’apprensivo – ma il suo supporto non manca mai – genitore Marlin (con l’idonea voce di Luca Zingaretti, ribadita per la versione nostrana), opportunamente relegati sullo sfondo di un’avventura che conduce i tre pinnati all’interno di un enorme parco oceanografico nel quale, scopriamo, la protagonista abitava. Naturalmente è la scusa per introdurre alcuni caratteri: due pigre e intolleranti foche, un beluga complessato, una balena miope e, soprattutto, un mimetico polpo di nome Hank (partecipate al giochino a corredo dei titoli di coda, che riservano pure altre sorprese …), intenzionato a svignarsela. Divertente e iperattivo, è il personaggio migliore di questo secondo capitolo (anche in tal caso ci si avvale di un timbro d’eccezione, quello di Ugo Pagliai).
Va da sé che il film si inserisce a meraviglia in quel filone di “cinema amnesico” che il prototipo contribuì a inaugurare all’inizio degli anni ’00. Comunque non c’è da esaltarsi: è meno “adulto” di altri prodotti recenti. E poi, onestamente: era difficile eguagliare la qualità degli immediatamente precedenti Inside Out e Il viaggio di Arlo (decisamente sottovalutato).
Alla ricerca di Dory (Finding Dory, USA, 2016) di Andrew Stanton, Angus MacLane (animazione)
di Massimo Arciresi