Evidenza

I vizi della capitale


Durante la visione di Suburra di Stefano Sollima (dedicato doverosamente a papà Sergio, scomparso di recente) emerge prepotente l’aspetto formale. Lo stile discende dai lavori fatti dal regista per la tv, perlopiù Romanzo criminale e Gomorra, fra le serie che hanno opportunamente svecchiato le “regole da piccolo schermo”. Un cambiamento che piace agli spettatori stanchi dei paletti e che conduce per forza a un’influenza di ritorno sul cinema, in un processo analogo a quello in atto da tempo negli USA. Ne consegue che Sollima, grazie a una capacità di messinscena solida e, se serve, rude, oggi è forse il solo a saper confezionare opere commerciali di qualità; in pratica, film assolutamente esportabili. Era già chiaro dal suo finora unico lungometraggio per le sale, ACAB – All Cops Are Bastards, ed è la non secondaria dimostrazione che in Italia non si è obbligati ad abbeverarsi – per una malfondata interpretazione della nostra tradizione – obbligatoriamente alla fonte della commedia (il cui livello si è senz’altro innalzato rispetto a ieri, ma non sarà mai più quello dell’altroieri).
Premesso tutto ciò, e al netto di un certo autocompiacimento di fondo e di qualche aggiustamento mancante (per esempio il suono in presa diretta di alcune scene), questo gangster movie ancorato alle nostrane e poco edificanti cronache (politiche e nere, spesso è la stessa cosa) degli ultimi anni scorre magnificamente. Nel corso della settimana precedente al 12 novembre 2011 (rimasto famoso) assistiamo a uno sfacelo per tappe, fra corruzione dei costumi, disgregazione dell’etica e liberazione degli istinti più feroci, sempre all’insegna di sfrenate avidità e faide dilaganti. C’è l’onorevole (Favino alla sua ennesima mutazione) impelagato in una comune legge-truffa – pensata per erigere una mega-struttura a Ostia (chiamata Waterfront: altro riferimento preciso…) – e che vuole evitare a qualsiasi costo lo scandalo sessuale, rivolgendosi per interposta persona (c’è del marcio in parlamento!) al tipaccio sbagliato (Borghi) per mettere tutto a tacere e innescando una serie talmente disastrosa di eventi da dover venire a patti con un super-boss (Amendola), neanche a dirlo amico di vecchia data; c’è la escort (Giulia Elettra Gorietti) che ha visto, è in pericolo e si rintana dall’amico PR pusillanime (Germano), già impensierito dall’eredità di debiti paterna; c’è lo zingaro arricchitosi con i traffici (l’impressionante Adamo Dionisi), tanto pericoloso quanto ambizioso. E c’è un papa dubbioso dalla prima sequenza. Una selva d’umanità deperita. Impossibile parteggiare per qualcuno: ogni malasorte finisce con l’essere inevitabile.

Suburra (Italia/Francia, 2015) di Stefano Sollima con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Greta Scarano

di Massimo Arciresi

KKKKK
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