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Nella lettera di Camilleri e Buttafuoco al ministro Franceschini, il passaggio su Moni Ovadia direttore artistico a Caltanissetta

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Nella lettera inviata qualche giorno addietro, e ampiamente diffusa dalla stampa nazionale, al Ministro della cultura Dario Franceschini da un gruppo di artisti, scrittori, uomini della cultura, artigiani e imprenditori del turismo, primi firmatari lo scrittore Andrea Camilleri e il giornalista Pietrangelo Buttafuoco, forse non tutti hanno fatto caso ad un passaggio in cui i due uomini di cultura siciliani ricordano l’impegno di Moni Ovadia quale direttore artistico del Teatro Margherita di Caltanissetta.

Lo fanno parlando del «Teatro Stabile di Catania – un tempo il “terzo teatro d’Italia”, poi portato all’asfissia finanziaria dai vicerè della satrapia regionale – dove perfino Moni Ovadia (che già presta gratuitamente la propria competenza al Teatro Margherita di Caltanissetta) si vede cestinare il curriculum per garantire, pur in un ente pubblico qual è lo Stabile, la nomina di artisti locali». Un’annotazione che Camilleri e Buttafuoco elencano insieme ad altre per parlare di uno dei problemi più gravi per i settori della cultura e del turismo, ovvero la grave crisi dei teatri. Fa molto piacere vedere citata Caltanissetta come avanguardia positiva e virtuosa in un lungo elenco di distrazioni e distorsioni. L’Assessorato Creatività e Cultura di Caltanissetta ha cercato di portare aria nuova  nell’“asfissia” di cui parlano Camilleri e Buttafuoco e ha avuto il coraggio di osare una scelta che ha consentito ai cittadini nisseni di avere una stagione teatrale di alto prestigio, competitiva e aperta a spettacoli che guardano alla realtà con spirito problematizzante e non passivo. 

La crisi, però, riguarda più globalmente la visione di politica culturale del nostro Paese, ancora refrattaria a vedere nel turismo di qualità e nella proposta culturale un risolutivo volano socio-economico. 

Nella stessa lettera si fa riferimento alla straordinarietà delle rappresentazioni sacre e delle processioni connesse ai riti della Settimana Santa che in Sicilia continuano a essere vitali e a coinvolgere con empito devozionale intere comunità. Anche in questo caso possiamo dire di non essere rimasti ancorati alla consuetudine: Passio picta, Passio cantata, Passio dulcis, Passio communis sono i quattro itinerari che hanno affiancato il già ricco palinsesto della Settimana Santa di Caltanissetta, ricordando che la storia delle processioni è intimamente connessa alla storia cittadina e alla costruzione del suo tessuto sociale. Nel momento in cui si lavora coralmente e cercando di far emergere le peculiarità del proprio patrimonio, anche dall’esterno giungono positivi riscontri: l’Assessore regionale al Turismo, Anthony Barbagallo, ha seguito il percorso del Giovedì Santo con interesse e apprezzamento; il fotografo fiorentino Massimo Pacifico ha documentato tutte le processioni; l’antropologa francese Pascale Dolfuss del CNRS ha intervistato i custodi autentici dei riti.

Questo Assessorato, coerentemente con il Programma dell’Alleanza per la Città, persegue con forza la volontà di portare Caltanissetta e i suoi cittadini a riconoscere nelle proprie peculiarità artistiche, nei propri luoghi di cultura, nella propria vicenda storico-antropologica un valore intrinseco, valore che esiste a prescindere dalle amministrazioni che si succedono e di cui la stessa comunità deve avere cura, perché una comunità che non sa quali sono i punti di forza su cui scommettersi resta anonima e dolente. Puntare sulla formazione, sulla cultura, sulle bellezze museali e ambientali è una strada che emancipa e inorgoglisce e di cui la Settimana Santa e l’arte – teatro, musei, letteratura – sono elementi su cui si sta provando ad investire, sia pur in un periodo economicamente molto difficile.

Marina Castiglione

Assessore alla Creatività e Cultura

 

Di seguito la lettera al Ministro

Gentile ministro,

mettiamo le mani avanti. Sappiamo che le possibilità che lei ha di potersi muovere istituzionalmente nello specifico caso di Sicilia sono poche. Le sue prerogative, infatti, in qualità di membro del governo – responsabile dei Beni Culturali e Artistici – sono ridotte in conseguenza dello Statuto Speciale ma ci rivolgiamo a lei come Dario Franceschini, cittadino italiano, scrittore e uomo di cultura.

Siamo un gruppo di siciliani, scrittori, poeti, artisti ma anche gestori di alberghi, locande e guide turistiche: gente che fa cultura, vive di cultura e fa vivere di cultura.

La situazione che si sta profilando in Sicilia è attualmente disastrosa e – con un degrado che non è solo imputabile solo alla scarsità dei bilanci – rischia di peggiorare di giorno in giorno.

I giornali hanno dato notizia dell’assurdo rischio miracolosamente scampato:

quello della chiusura pasquale dei siti archeologici, dei musei e dei parchi perché considerati come lavoro straordinario. E anche se lo fosse? Come si fa già a concepire la chiusura in un periodo in cui l’affollamento dei turisti è maggiore del solito? Non è pensabile di affidarsi, di volta in volta, ai miracoli sollecitati dalle polemiche e dal clamore dei giornali.

Gli operatori turistici lavorano quando gli altri sono in vacanza, cosa ovvia dappertutto ma non in Sicilia dove – e su La Repubblica, edizione di Palermo, si è avuta notizia – i tour operator internazionali hanno dovuto cancellare dalle proprie offerte la tappa nella più importante isola del Mediterraneo per non essere riusciti a garantire ai propri clienti le escursioni nei siti archeologici, nei parchi e le visite ai musei.

La Settima Santa di Passione, coi suoi Riti e le sue Processioni, in Spagna è motivo di forte richiamo turistico ma non così in Sicilia dove pure è vissuta con lo stesso carico di storia e sontuosa bellezza, e i reportage di Leonardo Sciascia e Ferdinando Scianna, fino ad arrivare agli scatti di Peppe Leone, ne sono testimonianza.

Per un cittadino italiano è più facile raggiungere le Baleari che la Sicilia – tanto le compagnie aeree vampirizzano sulle rotte – e proprio adesso che la tensione militare porta i vacanzieri dalle coste del Nord Africa altrove, ma pur sempre nel Mediterraneo, la Sicilia riesce ad avere un calo di visitatori dell’8 per cento.

Uno dei problemi più gravi, perché meno venuto alla luce, è poi quello che riguarda i teatri. Su 182 teatri storici, nel breve volgere di un decennio, ne sono rimasti solo 59. Il teatro greco di Siracusa, le cui difficoltà lei ben conosce avendone giustamente deciso il commissariamento dell’Inda, deve tornare a essere “istituto Nazionale” e non può essere preda del più greve provincialismo così come il Teatro Stabile di Catania – un tempo il “terzo teatro d’Italia”, poi portato all’asfissia finanziaria dai vicerè della satrapia regionale – dove perfino Moni Ovadia (che già presta gratuitamente la propria competenza al Teatro Margherita di Caltanissetta) si vede cestinare il curriculum per garantire, pur in un ente pubblico qual è lo Stabile, la nomina di artisti locali.

Infine: secondo i dati Istat del 2015 la Sicilia è la regione d’Italia dove si legge meno. Da gennaio a oggi, infatti, sono state uccise dall’indifferenza e dalla cecità delle banche più di 30 librerie vere, non cartolerie, tra le quali le storiche vetrine di Flaccovio a Palermo (sei in tutto) e, a Catania, la libreria La Cultura. Sono notizie su cui lei, gentile Dario Franceschini, non può certo imporre la propria azione da ministro ma da scrittore e da cittadino, sì.

Andrea Camilleri

Pietrangelo Buttafuoco

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