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Operazione PANTA REI : L’architetto tra i boss. L’Ordine degli architetti si pronuncerà sul caso Scandina

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Maledetti architetti! Così intonava nel suo libro Tom Wolfe nel 1981, a proposito degli architetti più celebri della fine del Novecento, alleati della borghesia economica palazzinara americana.
A Palermo il numero degli architetti, da quando è stato istituito l’Albo professionale, ha raggiunto quota 6000 iscritti. Nel numero, non solo architetti ma, anche pianificatori, conservatori e urbanisti. La facoltà di Architettura oggi è chiusa e con quella di Ingegneria, transitate al Politecnico. Il Ministero di Grazia e Giustizia, dovrebbe continuare a vigilare, promuovere la professionalità e dare indicazioni esplicite sui provvedimenti che dovrebbero adottare gli Ordini professionali. Ma è proprio così?
Secondo le cronache giudiziarie la Sicilia è prima per abusivismo edilizio e la regione col più alto numero di beni sequestrati. Ricchezze al cui accumulo hanno partecipato, a vario titolo, gli architetti. Quest’ultimi, malgrado le inchieste e le condanne continuano ad essere iscritti nell’albo degli architetti assieme a nomi illustri come quello di Basile. L’ultimo caso di “colletti bianchi” quello dell’architetto Salvatore Scardina, arrestato dai carabinieri per tangenti nell’operazione antiracket denominata “Panta rei” che ha interessato il territorio di Bagheria. “Salvatore Scardina architetto e boss – scrive il cronista di Repubblica Salvo Palazzolo – è l’ultima delle figure più autorevoli fra i 38 arrestati nel blitz dell’operazione Panta Rei. Una vera sorpresa. Perché Scardina, brillante 65enne sempre affabile ed elegante, non solo aveva ottenuto la riabilitazione dal tribunale di sorveglianza di Roma nel 2006, ma il suo nome compare ancora nell’albo dell’Ordine degli architetti di Palermo, al numero 502”. Basta infatti scorrere l’albo professionale degli architetti di Palermo per poterlo trovare ancora al numero 502 senza che il Ministero di Grazia e Giustizia abbia preso i provvedimenti dopo la prima condanna. Sul sito dell’Ordine risultano ancora il suo codice fiscale e la data di laurea, l’indirizzo fiscale e i suoi numeri di telefono. Al numero 892 è possibile leggere ancora il nome di Giuseppe Liga, riconosciuto capo del mandamento di San Lorenzo. E poi, Filippo Finocchio al 5370, Caterina Cusimano al 1485, Renato Belvedere al 1748, i tre architetti tra gli otto arrestati nel blitz al Comune di Misilmeri nell’ottobre scorso per una serie di incarichi pilotati dal Comune.
“L’espulsione di un iscritto non è cosa automatica – dice Franco Miceli, presidente degli Architetti di Palermo – a decidere sulla sua espulsione sarà il consiglio di disciplina”. Niente di automatico quindi. “Riguardo la sospensiva cautelare dall’Ordine per i tre architetti indagati a Misilmeri – continua l’architetto Miceli – è stato deciso, d’ufficio, dai Carabinieri e l’Ordine di Palermo si è costituito parte civile” nell’istaurando processo. I dubbi rimangono. Vale la pena qui ricordare come finì la riunione disciplinare di un altro Ordine, quello dei veterinari, che all’unanimità rigettò le dimissioni di Paolo Imbruno, direttore del Dipartimento di prevenzione veterinario dell’Asp e presidente dell’Ordine dei veterinari di Palermo, indagato per i reati di concussione, tentata e consumata, abuso d’ufficio, falso e truffa aggravata, commessi nell’esercizio delle sue funzioni, nonché per associazione mafiosa assieme alle famiglie mafiose di Carini. A Paolo Imbruno sono stati sequestrati conti bancari, titoli e società per svariati milioni di euro. Ebbene, Imbruno risulta ancora iscritto all’Ordine dei veterinari al numero 178. Anche nell’Ordine dei Medici è possibile ancora trovare al n.4627 Salvatore Caffarel. “Di fronte a fatti così gravi – dice ELio Caprì, presidente dell’associazione architetti liberi professionisti – l’Ordine ha il dovere di sospendere subito e d’ufficio i colleghi inquisiti in attesa del corso delle indagini della magistratura. Il consiglio non può continuare a trattare il tema emergenza mafia – conclude Caprì – assieme ai casi di colleghi morosi per il fatto che non hanno pagato la tassa dell’Ordine.”.

di Salvatore Sbacchis

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