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The Zero Theorem ~ Compendio di un autore

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Alcuni grandi nomi del cinema continuano a essere abbastanza attivi durante la maturità senza discostarsi troppo (o per nulla) dalla propria consolidata poetica (basterebbe citare Woody Allen). Terry Gilliam, unico americano fra i britannici Monty Python (e nei suoi lavori continua a interrogarsi sul senso della vita), il cui debordante e visionario talento si è corposamente espresso lungo gli ultimi 35 anni in film che hanno comunque lasciato il segno (e che sarebbero stati anche di più se diversi ambiziosi progetti non fossero naufragati per motivi economici o circostanze sfavorevoli), è senz’altro uno di loro. Quella che è a oggi la sua più recente fatica (pare che finalmente il suo anelato The Man Who Killed Don Quixote stia ripartendo), dopo una controversa presentazione al Festival di Venezia del 2013 vede finalmente la luce dei nostri schermi, e questo, a consolidato parere di chi scrive, dovrebbe essere in ogni caso un diritto inalienabile per le “firme storiche”.

È una considerazione che scientemente prescinde dagli eventuali “passi falsi” dei maestri (che pure, com’è normale, fanno). In tale categoria potrebbe facilmente essere relegata quest’opera a basso ma sapiente budget dalla fantasia apparentemente vivace (nella sua tetraggine) eppure evidentemente mutuata dal passato – a volte glorioso – di Gilliam, che, nel raccontare l’angustiata vicenda di un capace e appartato impiegato (Waltz, perlopiù intenzionalmente in sordina), afflitto da una significativa dissociazione (parla di sé al plurale) e incaricato per biechi motivi dall’avida multinazionale per la quale lavora (guidata da un eccentrico Damon) di ottenere una formula che, in soldoni, dimostri che il tutto è uguale a nulla, si colgono le atmosfere malaticce di Brazil, l’aura pessimista de L’esercito delle 12 scimmie, gli sguardi lisergici di Paura e delirio a Las Vegas o sospesi di Tideland, gli scontri parafilosofici di Parnassus. Materiale di derivazione, insomma, che da un lato fa temere per lo smarrimento d’inventiva del regista, dall’altro si erge a prosecuzione coerente di tematiche a noi familiari. L’unico vero intoppo della pellicola, arricchita dalle prove di un ciarliero Thewlis e di una seducente Thierry e da molte partecipazioni amichevoli (gustosa quella della poliedrica Tilda Swinton), sta nella perdita progressiva di brillantezza, un calo che rischia di condurre a una relativa banalizzazione del risaputo sebbene appassionante discorso principale, lo stritolamento dell’uomo grosso modo comune all’interno di uno spietato sistema di potere tecnologico. Che aggiungere? Senza partigianerie: ne vale lo stesso la pena!

The Zero Theorem (id., USA/GB/Romania/Francia, 2013) di Terry Gilliam con Christoph Waltz, Mélanie Thierry, David Thewlis, Lucas Hedges, Matt Damon

di Massimo Arciresi

KKKKK
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