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FILM: La prima notte del giudizio ~ Alle radici della “tradizione”

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Fra le tante saghe distopiche del decennio, la (finora) trilogia de La notte del giudizio (alias The Purge, sfaccettato termine imprecisamente – ma non impropriamente – tradotto “purificazione” o “sfogo”) spicca per le sue intelligenti, allusive venature horror. Nel primo capitolo (2013) s’assiste alla difesa d’un capofamiglia esperto di sistemi di sicurezza barricatosi durante le annuali 12 ore in cui (per decisione dei Nuovi Padri Fondatori, fascisti egoisti al potere in un futuro prossimo) ogni delitto è condonato, iniziativa presa (ufficialmente) per diminuire il tasso di criminalità; nel secondo e nel terzo (2014 e 2016), privi del divo Hawke ma uniti dalla presenza di Frank Grillo, ci si sofferma sul contesto, un’umanità (indistintamente maschile e femminile) inselvatichita e votata a estinguersi, soprattutto nei quartieri poveri (non è un effetto imprevisto), dove c’è chi prova a reagire strenuamente contro la sanguinosa tradizione.

L’intera serie (tra poco anche televisiva) è scritta con discreta lucidità e diretta da James DeMonaco, il quale, pur continuando a firmare la sceneggiatura, per la quarta (inevitabile?) puntata-prequel cede il megafono al fiacco Gerard McMurray, che, malgrado la naturale empatia con i personaggi afroamericani, vittime centrali (nella finzione e nella realtà) della macelleria sociale, non va oltre la ripetitiva rappresentazione di serrati assalti e scontri a fuoco urbani.

A dispetto delle premesse diegetiche (con il folle incarnato da Rotimi Paul) ed extradiegetiche (i film precedevano le ultime elezioni presidenziali statunitensi, intavolando un sapido discorso politico sulle attuali derive d’opinione), ciò che ha funzionato sin qui è presto dissipato. Sulla carta risultava perfino interessante scoprire la fonte d’una simbolica barbarie (cominciata in un anno già passato?) alla luce degli assetti odierni; invece, paradossalmente, il monito pare depotenziato, fatalmente mortificato dalla glorificazione del protagonista Y’lan Noel, spacciatore “onesto” e “di cuore” (ci vorrebbe ben altro copione per sostenerlo) che, nel corso del cruento esperimento d’avvio sulla problematica isola newyorkese di Staten Island viziato da scorrettezze quali il compenso di 5000 $ per chi non se la fila – se partecipa ai massacri munito di (alla fine inutili) telecamere oculari, ancor meglio – e l’apporto di mercenari, si espone per la sua bella ex attivista (Lex Scott Davis) con suggestionabile fratellino (Joivan Wade). Il “risveglio” dell’architetta a capo dello scellerato progetto (la preziosa Tomei) suona fasullo; più coerente il coordinatore Patch Darragh. Recuperare Hill e Carpenter.

La prima notte del giudizio (The First Purge, USA, 2018) di Gerard McMurray con Y’lan Noel, Lex Scott Davis, Joivan Wade, Mugga, Marisa Tomei

Massimo Arciresi

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