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La comune ~ Riflessioni sulla società moderna

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È possibile, al di là dei normali vincoli familiari, vivere sotto lo stesso tetto armoniosamente, dividendosi le spese, i compiti, le incombenze? Ci si può confrontare civilmente all’insorgere di qualsiasi problema? Attenersi democraticamente e insindacabilmente alle decisioni prese dalla maggioranza è sempre una via percorribile? Sembrano domande anacronistiche, o tutt’al più datate. E invece sono più che mai attuali (del resto, prerogativa di ogni film è parlare della contemporaneità).

Il nuovo lavoro del ritrovato Thomas Vinterberg (che di recente ha messo a segno lo splendido e tagliente Il sospetto, cui ha fatto seguito il dignitoso adattamento Via dalla pazza folla) nella fase successiva alla visione insinua questi e altri quesiti. L’ambientazione nella periferia dell’emancipata Copenaghen dei post-rivoluzionari anni ’70 non fa che accentuare l’impressione che il modello proposto, nella sua accezione più utopistica, si riferisca beffardamente proprio alla nostra insofferente (e sotterraneamente intollerante) epoca, prodiga di esempi di convivenze malriuscite. Perciò, man mano che procede, la vicenda del solitariamente irascibile architetto – presto fedifrago – Erik (Ulrich Thomsen, fedelissimo del regista), che dopo molti dubbi si trasferisce con consorte tele-giornalista Anna (Trine Dyrholm, talmente brava da meritare il premio per l’interpretazione all’ultimo festival di Berlino) e l’intelligente figlia quattordicenne Freja (Martha Sofie Wallstrøm Hansen) nell’enorme casa appena ereditata e la apre ad amici e sconosciuti (c’è pure lo straniero che ha poca dimestichezza con la lingua, impersonato dal simpatico Fares Fares di Jalla! Jalla!), dimostra come le  contrarietà e i malumori derivanti da faccende blande o gravi vadano risolti con il buon senso. Gli aneliti  e soprattutto i sentimenti individuali (in particolar modo quelli scatenati da un tradimento) prevarranno comunque sulle spesso transitorie esigenze collettive, ed è lì che si deve avere il coraggio di prendere decisioni ardue. Civili proteste, calma, dignità connotano le riunioni che punteggiano il plot, provvisto di umorismo e ancor più di sottigliezze (vedi l’anchorwoman lacerata nell’orgoglio di moglie – benché non sia esente da desideri nascosti – che, in pratica, non ha più notizie da condividere con i telespettatori). Nel mega-appartamento, fra gli altri, arrivano un bimbo ammalato di cuore (Sebastian Grønnegaard Milbrat), simbolo di un’era di libertà già al tramonto da cui bisogna sapersi accommiatare, e la desiderabile (dunque destabilizzante) universitaria Emma (Helene Reingaard Neumann). C’è di che ragionare, in definitiva.

La comune (Kollektivet, Danimarca/Svezia/Olanda, 2016) di Thomas Vinterberg con Ulrich Thomsen, Trine Dyrholm, Martha Sofie Wallstrøm Hansen, Helene Reingaard Neumann, Lars Ranthe

di  Massimo Arciresi

KKKKK
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