Apertura

Ma smettiamola di prenderci per i fondelli i compensi degli amministratori giudiziari


e l’amore per questa terra non sono argomenti incompatibili.prevedere l’onestà si può

In questi giorni mi ha contattato mezzo mondo.
Il mio punto di vista tutto ad un tratto diveniva importante per comprendere le dinamiche che sono sottese a certi meccanismi – oggi – oggetto di profonda attenzione mediatica.
Di oggi è la notizia della scelta (finalmente) di rendere operativa una normativa (albo degli amministratori giudiziari) che pone le sue radici nel lontano 2010 (vedi decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14 e successivo Decreto Ministero, Giustizia 19/09/2013 n° 160, G.U. 24/01/2014).
Ma la questione è più lunga e complessa di quel che sembra ed ha implicazioni etiche prima ancora che giuridico-economiche.
In questi giorni – e nonostante le interviste senza né remore, paure o deferenze di diversi anni or sono (qualcuno direbbe in tempo di pace”) – ho deciso di rompere il silenzio e ribadire come la penso.
Perché per scelte oneste, trasparenti e sincere, c’è sempre tempo.

Non voglio affidare alle mie modeste – e certamente non qualificate – competenze in materia la trattazione – seppur sintetica – di tale argomento, per cui mutuerò ogni considerazione dal pensiero del Presidente del Tribunale Misure di Prevenzione di Milano.
L’Ill.mo (il suffisso quando c’è vo’ ce vo’) Dr Fabio Roia.
In occasione di una prolusione tenuta il 21 aprile 2015 evidenziava.
Sotto il capitolo : “Alla ricerca di uno statuto dell’Amministratore Giudiziario… i compiti” l’illustre Relatore evidenziava come già nella relazione preliminare il neo-nominato A.G. deve inoltre indicare “le ……. forme di gestione più idonee e redditizie dei beni”
D’altro verso (come già ebbi ad evidenziare quando sembrava avessi la “varicella” in una ormai celebre intervista di una puntata di maggio 2015 delle “Iene”) l’art 35 del D Lgs 159/11 prescrive :
“Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro previsto dal capo I del titolo II il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario.
2. L’amministratore giudiziario e’ scelto tra gli iscritti nell’Albo nazionale degli amministratori giudiziari.
Sull’istituzione ed il regolamento attuativo di quest’albo “fantasma” torneremo dopo.
Quel che qui importa è quanto prescritto al punto 5 :

5. L’amministratore giudiziario riveste la qualifica di pubblico ufficiale e deve adempiere con diligenza ai compiti del proprio ufficio. Egli ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell’intero procedimento, ANCHE AL FINE DI INCREMENTARE, SE POSSIBILE, LA REDDITIVITA’ DEI BENI MEDESIMI.

Orbene – sul dovere di diligenza e probità – si potrebbero dire e scrivere milioni di cose alla luce degli scenari che si sono profilati in questi giorni.
Ma la tentazione è forte ed il rischio è grande, quindi va opportunamente lasciata alla valutazione dell’interprete ogni valutazione o giudizio in ordine alle modalità di gestione della res (potenzialmente ) pubblica siccome emersa dalla recente inchiesta.

Quel che qui importa è capire se è davvero possibile (o trattasi di previsione normativa fantascientifica) “incrementare la redditività dei beni” siccome previsto dal prefato art 35 n 5 tenendo conto delle peculiarità criminogene dell’azienda ante sequestro.
Il pistolotto per cui il bene sequestrato ha una redditività direttamente proporzionale alla forza intimidatrice promanata dal proposto ante sequestro stante la sua appartenenza (od addirittura affiliazione) a cosa nostra ha un senso per tutte quelle ipotesi in cui tale evenienza risulterà dimostrata.
In tutte le altre (e non sono poche) appare come un trito e ritrito simulacro di scusa per giustificare ataviche defalliance gestionali da incapacità del presunto “capitano d’industria”.
Prima di proseguire nel ragionamento (assai scomodo come lo è stato quello di ieri e di ieri l’altro ) mi sia consentita una breve riflessione.
Le inchieste che oggi stanno infangando il buon nome del Tribunale panormita non fanno altro che portare acqua al mulino di una serie (infinita) di mafiosi e criminali che altro non aspettavano.
Quando Pino Maniaci subì il vile attentato che gli uccise due cani non ebbi perplessità a ricordare coram populi (come Peppino Impastato insegnava) che la mafia “è una montagna di merda”.
E tanto faccio quotidianamente nelle costituzioni di parte civile per le vittime di mafia (anche a titolo gratuito ) e per Libero Futuro nel comune anelito di rendere questa terra un contesto migliore per la crescita dei nostri figli (per le quali – a scanso di ogni malpensante equivoco – in oltre due anni non ho percepito un solo euro!).
Ho interrogato animosamente Mario Messina Denaro (cugino del più celebre Matteo) in un processo in cui rappresentavo l’unica parte privata costituita parte civile senza remore o paura per un compenso (che tra non meno di tre anni mi verrà liquidato dalla CONSAP) di 3.500,00 euro.
Non me ne vanto né credo sia poco, ma tale dato non può non rapportarsi alla parcelle milionarie per incarichi assai meno dispendiosi in termini di rischio, energie e competenze di cui si è parlato in questi giorni e di cui aveva già lungamente disquisito il Dr Caruso mesi fa nella totale e “generica” indifferenza della Commissione Antimafia investita della questione.

Ed allora – sgombrato ogni dubbio in ordine al perché chi come me crede ancora nella Giustizia e nell’esempio che questa può fornire al Popolo perché cresca con una idea forte e indistruttibile di Stato ed istituzioni –sostiene eresie di tal guisa, occorre un ultima precisazione prima di passare all’aspetto tecnico-provocatorio di questa breve riflessione.
Ogni giorno per gran parte della mattinata trascorro il mio tempo all’interno dei meandri e della aule del tribunale di Palermo.
Posso giurare e garantire che questo luogo è quello in cui ogni giorno decine di magistrati ed avvocati dedicano il loro tempo ed ogni briciolo di energia ad uno dei compiti più delicati e difficili che la storia abbia assegnato all’uomo.
L’amministrazione della giustizia e del bene (e benessere ) comune.
Decine di Magistrati rendono onore allo Stato con una abnegazione che non ha precedenti e molti hanno pagato con la vita un credo sul quale si è edificato il progressivo (ma ancora – purtroppo – non completo) percorso di affrancazione di questa terra dalle logiche malate e mafiose.
Una indagine che riguarda pochi non può e non deve infangare l’imperitura opera di molti, quale che ne sia l’esito.
Un prete (anche se asseritamente) pedofilo non può e non potrà mai ledere l’immagine dell’intera comunità cui appartiene né della Chiesa che rappresenta.
Ciò detto – e passando all’aspetto “tecnico” di questa riflessione – va precisato che non sempre il denaro può e deve costituire l’asse portante delle scelte professionali di un uomo o di un professionista.
Sono tanti i casi in cui – a fronte di un processo lungo e difficile – ho esplicitamente od implicitamente rinunziato ad ogni forma di compenso (come decine di altri Onorevoli Colleghi) , e ciò non perché me lo potessi permettere (le mie dichiarazioni dei redditi non hanno nulla di segreto e sono da “comune mortale” ) ma perché c’è qualcosa che talvolta non ha prezzo.
Quel qualcosa è la sensazione di “fare la cosa giusta”.
Pur senza ledere la fisiologica e doverosa necessità che ogni incarico e lavoro sia adeguatamente retribuito va detto che alcuni incarichi od opere hanno una parte di impegno che non ha prezzo né valore.
Il contributo che ciascuno di noi può dare per rendere questa terra migliore per noi e le generazioni che verranno.
La scelta di guadagnare meno da incarichi che potrebbero essere pagati molto di più non è quindi necessariamente connessa al disvalore “economico” che questa implica ma alle evidenti refluenze etiche, morali e sociologiche che questa offre.
Contribuire alla crescita economica, sociale e culturale del contesto in cui viviamo per qualcuno non ha prezzo, per altri sì.
Ed allora che siano gli uomini che hanno un credo che va al di là della sua mera monetizzazione ad occupare certi incarichi ( ovviamente senza vilipendio di professionalità, ma sono convinto che ne esisterebbero a bizzeffe).
Il citato Dr Roia sul delicato argomento del compenso degli amministratori giudiziari nei sequestri di prevenzione scriveva :
Il compenso degli Amministratori è oggi una Giungla” rappresentata dalle diverse prassi locali.
Si va dalle tabelle professionali dei dottori commercialisti alle tabelle elaborate dai singoli Tribunali su basi empiriche; ai protocolli condivisi (Roma); ad altri criteri (vacazioni, Tribunali ordinari, tariffe dei custodi nell’Esecuzione Immobiliare).
Si tratta però indubbiamente di una “funzione pubblica che non può non avere una peculiarità anche sul piano retributivo “
Il “Giudice della procedura” ha quindi la responsabilità “ di contemperare diverse esigenze che non portino alla fine ad una esposizione economica rilevante da parte dello Stato “
Occore quindi una “maggiore attenzione nel momento del sequestro, e l’introduzione valutativa del criterio dell’economicità dell’intervento”.
Un sillogismo quindi appare spontaneo.
Non si può e non si deve più pensare di liquidare un compenso in proporzione al “valore del patrimonio amministrato”.
Quanto fatto sino ad oggi ha portato a sperequazioni (ed ingiustizie) intollerabili.
Parcelle milionarie ancorate al valore di un patrimonio enorme ma in perdita, a fronte di decine di lavoratori licenziati, di famiglie senza fonti di sostentamento, in contesti di crisi ingravescente e di regressione aziendale.
Compensi – in un contesto di evidente devastazione – comunque a sei zeri.
E’ un’offesa al buon senso prima che alla legge od alle regole di una sana ed oculata economia aziendale.
E’ un buco doloso alle finanze statali.
La Corte dei Conti si è occupata dell’argomento –l’ultima volta – nel lontano 2010.
E’ davvero così difficile od un opera di così improbabile ingegneria finanziaria pensare di retribuire il vocato e volenteroso Amministratore Giudiziario sul margine operativo lordo sgombrando il campo da ogni cupuidigia?
Cosa ci vorrebbe a prevedere un modesto (ma non umiliante) rimborso spese ed un compenso ancorato al margine operativo lordo ?
Un sistema fondato su un rating legato agli errori di gestione ed al merito della gestione ed agli utili di impresa.
Non nel senso che l’azienda debba necessariamente produrre profitti (la considerazione sul potere di intimidazione che aveva il proposto è sacrosanta) ma che possa essere valutata nell’ottica del compenso, l’oculatezza di gestione, la riduzione delle perdite o comunque il nuovo asset gestionale.
Cosa ci vorrebbe ad immaginare la figura di un revisore esterno (scelto fra gli esperti di cui al nuovo albo) in un distretto di corte di appello diverso da quello del sequestro che abbia l’obbligo di relazionare annualmente (o semestralmente) al G.D. (con tanto di responsabilità Professionale ed Etica) sull’operato gestionale del Collega nominato Amministratore?
Tutto ciò creerebbe certamente un circuito virtuoso con un dispendio di costi inferiore ed un incoraggiamento alla crescita aziendale direttamente proporzionale alle capacità del soggetto nominato.
I manager americani e di alcune multinazionali europee lavorano così da decenni.
In un contesto di totale deregulation normativa l’ancoraggio del compenso al M.O.L. garantirebbe un impegno gestorio di maggior garanzia per la redditività del bene, che esso torni al privato o che – a fortiori – passi al patrimonio dello Stato.
Queste le regole che lo Stato propone.
Metà fondate sulle capacità del chiamato all’Ufficio Pubblico e metà sull’amore dello stesso per lo Stato e la res Publica.
Il Vocato sarà liberissimo di non accettare l’incarico.
Una provocazione, una sfida se vogliamo, ma certamente uno spunto per riflettere su come, volendo, ognuno di noi può contribuire a ridare credibilità e dignità ad un obbiettivo che da tempo immemore accomuna milioni di siciliani onesti.
Restituire dignità e credibilità ad una terra per tanto – troppo – tempo piegata alle logiche della mafia e del codice culturale che ne consegue.
Andrea Dell’Aira

KKKKK
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